IL POTERE TEMPORALE AI VESCOVI 63 duumviri, sono i lociservatores dell’epoca romana 0 bizantina, perpetuati nella vita municipale con titolo nuovo. Nel 947 una nuova invasione di Magiari scese dalla via di Postumia e si riversò sui Carsi e sull’Italia. Berengario, supremo consigliere del Re Lotario, l’arrestò con una forte somma di danaro, raccolto dalle chiese. L’impotenza militare del Regno fu allora totale. Dentro le antiche mura romane, i Triestini, mentre il nembo passava sui Carsi, dovettero pensare da soli alla difesa armandosi e stringendosi una volta ancora intorno al vescovo e ai suoi vassalli. La stessa chiesa triestina, cosi direttamente minacciata e colpita dalle invasioni, avrà cooperato a raccogliere la somma del riscatto chiesta da Berengario. Onde un nuovo, amplissimo privilegio reale compensò i suoi meriti e sanzionò la comunanza di vita stretta fra i Triestini e il loro vescovo. Il Re Lotario cedette al vescovo Giovanni, per lui e per i suoi successori, tutti i diritti che il Regno aveva su Trieste. L’anno 948, 8 agosto. Non si può parlare d’un pieno imperio temporale, né di una propria signoria dei vescovi sulla città. Il diploma escluse, certo, la dipendenza della città da ogni giurisdizione superiore, che non fosse quella del vescovo: a lui o ai suoi messi il diritto di custodire i placiti, a lui i diritti del fisco, il portàtico, la curatura, il teloneo, ecc. Ma si trattò di una grande concessione di diritti immunitari, d’un privilegio d’esercizio delle pubbliche funzioni in sostituzione del Re, però senza base di beneficio e di vassallaggio. Trieste non divenne un feudo del vescovo: questi non fu mai un dominus Tergesti, né portò mai altro titolo di signoria, mai quello di conte. Egli rappresentò la potestà imperiale e reale di fronte alla città e alle sue autorità: non mai la città di fronte a quelle autorità supreme, non di fronte agli altri, non mai, per esempio, di fronte a Venezia. Di fronte a questa e a quelle, di fronte agli esteri, la città fu rappresentata dai suoi homines. Nessun vincolo feudale legò i cittadini al vescovo. Con la concessione fatta il Re rinunciò ad alcune sue prerogative a beneficio di Giovanni e dei successori: ma il diploma non ebbe parola che alterasse quella che era stata sino allora la condizione politica interna della civitas, l’antica legge e consuetudine della città e del suo territorio, del quale anzi soltanto una parte — in giro di tre miglia —- cadeva sotto la nuova giurisdizione del vescovo. Il potere episcopale sulla città non rappresentò dunque una ricostituzione del potere dei conti, ormai dissolto in gran