39» LA MISSIONE DI ERASMO BRASCA traditore contro la libertà del comune di Trieste ». Chiestogli poi se il Fisnich avesse meritato quell’orrida morte, rispose sdegnoso e coraggioso « che meritava anche peggio », qnod merebatur etiam peius. Una lettera del 1500, scritta dal capitano Ungrispach, conferma come continuassero in quegli anni « discordie e sedizioni » fra i Triestini e come fossero grandi gli odii: dei quali appare oggetto, nella predetta lettera, uno dei maggiori fautori dellTmperatore, Antonio Burlo, figlio di quel Domenico, che il popolo aveva giustiziato nel 1468. La fine del secolo è segnata da un fatto ancora circondato da mistero: se fosse stato quale più verosimilmente appare, la città avrebbe corso il rischio di subire un tristo oltraggio. Nel 1499 venne prefetto imperiale a Trieste Erasmo Brasca, milanese, fedele dellTmperatore e di Lodovico il Moro, duca di Milano. Passato da Venezia e ricevuto dal Doge, aveva detto di avere in mandato dal suo Re di « ben convicinare » con la Signoria veneta: ma, parlando dell’affare di Pisa, lasciò vedere a tutti quanto malanimo avesse contro Venezia. In realtà, il capitanato del Brasca sembra non essere stato altro se non una missione politica di particolare importanza. Egli sarebbe stato mandato a governare la città con lo scopo di realizzare un piano stabilito tra l’imperatore e Lodovico il Moro: la cessione temporanea o totale di Trieste al ducato di Milano. Nel 1499 era « pubblica fama » che tale cessione fosse decisa. Il Brasca scriveva, in una lettera del luglio, che la voce sembrava sparsa ad arte dai Veneziani « per trovar colore di piliare el contado di Goritia »: ma non le dava un’esplicita smentita. Si avvertiva intanto da Trieste, che egli inveiva contro la Signoria veneta in pubblico, che diceva che l’avrebbe fatta cacciare dall’Italia e che raccoglieva un gran deposito di farine. È noto che quell’anno Lodovico il Moro, per controbattere la alleanza franco-veneziana, eccitava Massimiliano a far novità contro la Repubblica e si era rivolto anche al Sultano per trascinarlo alla guerra contro la stessa. Ora, il Malipiero, contemporaneo cronista veneziano e uomo di governo, che scriveva sulla base di notizie sicure, quali la Signoria aveva avute dalle spie e dai fedeli suoi di Trieste, narra fatti