24 GLI ACQUEDOTTI E IL TEATRO Ovunque si facessero escavazioni, nella parte centrale o alla periferia della città, riapparivano alla luce frammenti della romanità: fondamenta di case e di edifici pubblici, grandi o piccole iscrizioni, rocchi di colonna, pezzi d'architrave, lapidi funerarie, cocci, bassorilievi, statuine e qualche statua. Furono trovate una volta anche traccie dell’antico porto, che occupava tutta l’attuale piazza deH’Unità. Di questo porto un’immagine sintetica fu scolpita, secondo alcuni archeologi, in due episodi dei rilievi che corrono attorno alla colonna di Traiano a Roma: una piccola imagine della sua Trieste conservata, attraverso i secoli, nel cuore di Roma. Due acquedotti ebbe la città: l’uno veniva dalla fonte Oppia (Cin-clizza) di Bagnoli per Ponziano, l’altro da Timiniano (S. Giovanni). Forse ci fu un terzo acquedotto dalla località ora detta Settefontane, lungo l’attuale corso Garibaldi. Del primo, lungo oltre dodici chilometri, fu rilevato quasi tutto il percorso da Pietro Nobile nel 1815 e altri resti si trovarono nel 1902 in via dellTstria. Un vero monumento si profilerà un giorno nel cielo triestino, risorgendo dalla sconcia e disonorante sepoltura, in cui giace coperto da un agglomerato di case, di catapecchie e di lupanari, tra le vie di Pozzàcchera, di Rena, di Donota e di Riborgo, nella città vecchia. È la vasta rovina del teatro romano, di cui sotto le case sono conservati interi piani, gran parte della platea, frammenti di gradinate, due ordini di corridoi o gallerie sovrapposti l’uno all’altro (fig. 5). T.a via di Pozzàcchera e quella di Rena (da arena?), arcuate come sono, seguono ancora la curva delle gallerie sepolte. Il Generini afferma che sin verso il 1850 in Pozzàcchera si vedeva un pezzo della cinta del teatro, alto, disposto a curva, il quale continuava nell’interno delle case e terminava a Riborgo. Si vede ancora che una parte delle mura, nel medioevo, fu fondata sulle rovine del teatro. Una casa al principio di via Pozzàcchera è costruita sopra porzione del teatro stesso. Un corridoio sotterraneo metteva capo, or non è molto, in androna del Buso e un frammento di gradinata si vedeva in androna degli Scalini. Il diametro del teatro, la cui topografia è facilmente visibile nella sua totalità, misura circa sessanta metri. Ireneo della Croce, dopo aver descritto quanto si vedeva delle rovine ai suoi tempi, diede un’imagine di queste in un. rame della sua opera e ricordò i risultati