IL NOME DELLA CITTÀ esazione era data spesso in appalto. Molti, anzi moltissimi i tributi: dazio del « sesterio » delle saline, dazio sul pesce venduto, altro sui legnami, lo staràtico (dazio sul grano), l’ornàtico (dazio sul vino messo in cantina), un dazio analogo sull’olio (petrolium?), il dazio della beccheria (sulla vendita delle carni), il dazio sui corami, sui pellami, sul sego e sul ferro, il dazio delle carni salate, del formaggio, dell’olio, del miele e della cera, il dazio della tavernaria (imposta sulla vendita del vino nelle osterie), il dazio sul vino venduto all’ingrosso, il dacium mercationum o imposta sulle transazioni commerciali, il censo dei molini (decima sulla farina prodotta?),.il dazio detto ternaria sull’olio introdotto via mare, le imposte già ricordate sull’industria del calzificio e della concia, e altre che sarebbe troppo lungo elencare. Ricordiamo però il dazio del quarantesimo (2 y2%) sulle merci che entravano in città (riscosso alla muda della porta di Riborgo) e su quelle che si esportavano via mare. Il nome della città, nei documenti, persiste a vivere nella forma latina medioevale di Tergestum, raramente Tergeste. Ma già il Cronichon venetum, che è del x o dell’xi secolo, porta la forma neolatina, cioè italiana di Trieste. Qualche conio del vescovo Gebardo, del 1203, ha la forma neolatina già corrente: civitas Tries(t)e. E non è il più antico nei documenti locali. In una carta del 1106 si legge: in episcopato triestino. All’anno 1115 comparisce il nome di persona Triesto. Santa Maria de Triesto è detto il duomo in un atto del 1172. Onde si può arguire che il nome neolatino risalga ai primissimi tempi del medioevo, quando non sia stato già nel volgare dell’epoca romana. Della lingua italiana formatasi da quel volgare, non troviamo prova tangibile prima del 1192, e anche allora per caso. Vale a dire, un cognome Bonifacius della Corte oppure dela Corte, sfuggito nella forma italiana in una carta tutta latina. Questo è il primo segno vivo di quella lingua, che sarà poi a Trieste materia di così drammatiche e cosi meravigliose lotte. Però già in un atto di vendita del 1126, sotto la trama sdrucita di un latinaccio plebeo, si legge il volgare che influiva maccaronica-mente sullo stile del notaio: de casa nostra — dice il testo pede plana et de corticella eidem case pertinencie que est foras muro civitatis Tergesti... Potremmo ricordare anche un atto del 1080 dove le frasi signum manus Luttifredo e s. m. Offo, mostrano la forma neolatina