408 CULTURA UMANISTICA Il Mirissa allora gli gridò più volte: — Tu mentis per la golla. Certamente questi documenti darebbero ragione allo Zenatti che sostenne i ladinismi, nel xv secolo, più non essere stati ormai che pochi naufraghi elementi in un dialetto veneto, contro l’Ascoli e il Cavalli, che affermarono la friulanità del « tergestino », se non ci fosse la precisa dichiarazione del Muzio. Da essa dovremmo concludere che, avendo allora caratteri misti ladini e veneti, il dialetto favelà dai Triestini, eguale al muggesano, si distingueva dai vicini e aveva un’individualità tutta sua. La cultura — sempre considerata in proporzione alle possibilità del modesto Comune — non ebbe quello sviluppo che si poteva attendere dopo l’esuberante produzione del xiv secolo e che sarebbe stato consono al movimento dell’umanesimo e della Rinascenza. Quando nelle altre città più intenso si fece tale movimento, nella seconda metà del secolo, a Trieste la guerra, la rovina del 1469 e la decadenza del commercio distrussero tutte le possibilità, costringendo a esulare dalla città natale quel Raffaello Zovenzoni, che da solo sarebbe bastato a onorarla. Non è a credere, tuttavia, che l’influsso umanistico mancasse. Ne vediamo una palpitante espressione in quell’amore con cui il Comune, sia che deliberasse registrare i suoi fatti negli « annali », sia che istituisse premi ai migliori balestrieri, si imaginava d’imitare l’usanza di Roma. La cultura classica affiora anche in documenti di privati: in una supplica agli honorevoli zùdisi di Domenico Scarpion (1425), quando egli dice che la cognata ha abbandonato il figliolo di Giusto, esclama: più tosto da esser dita Medea che madre. Un Triestino contemporaneo di Ciriaco d’Ancona raccolse le iscrizioni della sua città, componendo quel « Codice tomitano », che è ben noto agli epigrafisti. Il Kandler sospettò che fosse posteriore e opera dello Zovenzoni; il Gregorutti di Giambattista de Cancellieri. Alla fine del secolo Domenico de Montecchi si mostrava esperto raccoglitore di iscrizioni romane. Due personalità non comuni devono aver esercitato profonda influenza nell’ambiente triestino: Enea Silvio Piccolomini, vescovo dal 1447 al 1450, che, mentre dimorava nella città, secondo l’Ireneo, avrebbe scritto il De educatione liberorum e il De arte gramaticae, e l’accennato Raffaello Zovenzoni,