366 l’insurrezione della città Il 3 agosto Federico ricevette l’ambasciata del Luogar e dei suoi favoritori, accettò l’atto di dedizione e di abdicazione da essa profferto e diede alla medesima un diploma di risposta e di conferma per tutti i patti proposti. Ma il popolo e la parte dei nobili odiatrice del Luogar e dei « To-deschi » non attesero inerti che il dominio austriaco distruggesse il comunale regime. Una larga congiurazione mise assieme a uno stesso fine elementi patrizi e elementi plebei e la lega fu di cacciare i Tedeschi e di liberare la città dalla tirannia del Luogar. Benché la cospirazione si estendesse nei più larghi strati, il suo segreto non venne violato. I cittadini, che erano stati esiliati, lavorarono per trovare soccorsi di fuori. Essi fecero compagnia con gli sbanditi di Pordenone, terra austriaca del Friuli, dove nel 1466 aveva imperversato lo stesso Luogar e allora stava a regime di capitano imperiale il feroce Federico di Castelbarco. Assieme tramarono contro il comune nemico austriaco : assieme pensarono a Venezia. Comunicata al Consiglio la risposta imperiale, fu necessità per i congiurati agire prima che, scadendo il termine del regime per i magistrati in carica, si procedesse alla distruzione del Comune. Fu scelto il 15 agosto, giorno festivo, e si fece sapere ai nobili congiurati e agli uomini delle arti e della plebe che, quando la campana dell’arrengo sonasse a stormo, accorressero armati nella piazza. Guidavano i nobili Antonio de Bonomo, Cristoforo de Bonomo, Andrea e Giusto de Rapicio, Vettor de Toffani, Andrea Longo e altri: erano sindaci del popolo minuto Andrea o Dreia Luchès, suo cognato Antonio Tomaia e Giovanni Corazza. Il dì della nostra Donna, Antonio de Bonomo fece dare nella campana di Palazzo e subito fu levato il tumulto. La massa ingente, divisa a stormi, occupò il Comune, circondò la casa del Luogar e penetrò in quelle dei suoi principali fautori, specie di quanti avevano da lui accettato cariche pubbliche. Furono devastate quella del Luogar e le altre: il capitano e gli altri accusati, quanti non erano riusciti a scampare al furore prima che le porte della città si chiudessero, furono arrestati dai capi della moltitudine. Questa attaccò e prese gli alloggiamenti degli stipendiarii tedeschi, che dovettero arrendersi. Pare resistessero per alcun tempo quelli che avevano quartiere nel castello di san Giusto.