XIV. LA CONQUISTA VENEZIANA Appena il tumulto invase il Friuli e il Patriarca si lanciò coi Magiaro-Slavi contro Venezia, Trieste fu sottratta all’influenza di San Marco. Spontaneamente o per forza di cose? Il trovare, a guerra finita, il Comune in conflitto coi Signori del retroterra ci farebbe preferire la seconda ipotesi. Nel 1356 fu podestà Simone di Cuccagna, a cui successe, nello stesso anno, il conte Mainardo di Gorizia, podestà onorario, rappresentato dal vicario Antonio di Marostica. Venezia, eletto nuovo Doge quell’anno, mandò Simone de Bisenza a chiedere dai Triestini il giuramento di fedeltà e a presentare il vessillo di San Marco, perché fosse issato nella piazza. Il vicario Antonio e i giudici Conforto Rossi, Ottobono de Ottoboni e Piero Zuileto prestarono il giuramento, ma respinsero il vessillo. Venezia non fu in grado di far altro se non una protesta. La pace del 135S riuscì, com’è noto, disastrosa per essa, poiché vi perdette la Dalmazia. Della guerra sembra approfittassero i Triestini per iniziare il forzamento della strada carsica, trovandosi all’anno 1358 l’ordine di stro-pare 0 far stropare, cioè di chiudere la strada sopra Moccò. Ritornata la pace, nonostante il successo fosse rovinoso per il prestigio della Repubblica, troviamo di nuovo un podestà veneziano a Trieste, ed è quello Zanin Foscari, che era stato altre volte e che vi doveva tenere dimestichezza con molte persone: gli venne dietro, con una sola sicura eccezione, una serie ininterrotta di podestà veneziani, sino all’anno 1367. A spiegazione di questo fatto non ci sono che delle ipotesi: o la città, rimasta neutrale benché prendesse podestà friulano, non sentì gli