LOTTE COI WALSEE - RIFORMA DEGLI STATUTI 329 italiana per lunghi secoli, pativa diverse molestie per la prepotenza dei suoi vicini stranieri. Erano sempre i Walsee, con le vertenze per i confini. Nell’agosto del 1418 erano stati catturati dal Walsee alquanti Triestini: il Comune aveva mandato una comitiva armata sul territorio di Duino, che rappresagliò, riportando prigionieri e preda. L’inasprimento del conflitto provocò mormorazioni e proteste contro la Balìa. Ma il Consiglio decretò avere essa bene adempiuto al suo ufficio: dovesse anzi perseverare. Il Walsee ricorse all’imperatore: tra proteste, querele, accuse, ricorsi e contraccuse si filò una lunga vertenza, che si protrasse sino al 1423 e che, per le molte ambasciate, costò al Comune un buscherio di danaro, senza che si venisse a capo d’una conclusione. La classe dirigente, chiusa nelle famiglie dei nobili e dei borghesi di Consiglio, sfruttò la situazione politica creata dalla guerra e favorevole ai poteri eccezionali per rinvigorire le istituzioni comunali. Ma, insieme, la stessa parte che teneva i governali operò per rafforzare i suoi interessi e i suoi privilegi. Essa aveva realmente l’idea di dominare una repubblica, non meno libera e sovrana perché riconoscente il dominio degli « arciduchi d’Hausterich ». Accentava quindi la forza di tutti gli elementi, che più valevano a formare la consistenza dell’autonomia e a elevare il suo carattere. Nel 1420 il Consiglio maggiore chiamò un insigne giurista, Agostino Ozola di Pavia, per correggere e riformare gli Statuti municipali. Nel gennaio del 1421 Nicolò d’Adamo, Roba de Leo, Francesco Baseggio, Agostino dell’Argento, Omobono o Boncino Belli e Giovanni Cigotti furono associati in commissione e deputati alla riforma statutaria. Dentro luglio l’opera era compiuta. Nel novembre ne fu decrétata la traduzione in italiano per maggior intelligenza del popolo, ma il testo volgare fu poi abolito, perché uno solo fosse ufficiale, quello latino, ritenuto originario e autentico. Anche nei nuovi Statuti, calcati sui precedenti e compiuti senza che capitano o duchi v’avessero la minima ingerenza, il Comune mantenne i più antichi lineamenti, fatta eccezione per quanto riguardava l’ufficio del capitano. Protagonista degli Statuti non era la signoria straniera, non il regime ducale, ma lo Regimentó de Trièst o la Cità de Trièst: non vi erano contemplati altri interessi, fuori di quelli triestini; non v’era altro complesso politico che essi difendessero e