DECADENZA DEL COMMERCIO 335 dalla Balìa. Continuavano gli strascichi: i tre riammessi dall’arciduca reclamavano, pare, indennizzi per i danni derivati dalle condanne. Il Comune rifiutava e quelli facevano disordini. Altri esuli premevano sull’arciduca per essere rimpatriati. Il Comune mandò Bonomo de Bonomo a Federico, pregandolo non desse ascolto agli sbanditi e ordinasse a quei tre di accontentarsi di quanto avevano avuto. Il Comune ottenne ragione, non ancora tranquillità. Nel luglio del 1428 prendeva severe disposizioni, perché alcune persone forbanite, cioè esiliate, minacciavano di far del male alla città. Intanto la città era colpita dalle preoccupazioni economiche a cui abbiamo accennato. Al fine di spiegare la stranezza della pretesa dedizione di Trieste al ducato d’Austria, s’inventò, come si sa, che la città l’avesse compiuta intuendo i motivi economici, da cui sarebbe stata legata imperiosamente al suo retroterra. Gli avvenimenti del Quattrocento stanno tutti contro questa tesi. Sino dal principio del secolo, tanto gli avvenimenti politici quanto la volontà dei Carnioliei, separarono economicamente Trieste dal suo retroterra. Anzitutto le lotte coi signori di Duino, padroni dei Carsi. Quindi quelle coi Carnioliei, i quali, invece di attraversare i Carsi e scendere a Trieste, preferivano la via obliqua e più lunga che discendeva a Muggia e a Capodistria e quivi facevano capo. Forse l’ambizione di annettere Muggia fu dovuta anche al desiderio di spezzare la concorrenza, che faceva al porto triestino. Durante le guerre passate, sin presso il 1425, la neutralità del porto triestino aveva favorito i suoi commerci, ma le guerre avevano condotto i Veneti sul territorio del Goriziano e avevano dato a loro il possesso di Muggia. Fatta la pace, il Goriziano aveva dovuto garantire ai Veneziani la più ampia libertà di commercio e la sicurezza delle strade. Intanto il Friuli, uno dei principali campi di lavoro del commercio triestino (come risulta dal noto atto del Patriarca Marquardo), era ormai tutto in mano alla Repubblica veneta, che era posta in diretto contatto con la valle dell’Isonzo e col Goriziano, altro campo che i commerci triestini perdevano. Rimaneva la via transalpina, che dal Cragno veniva sui Carsi e avrebbe dovuto trovare lo sbocco più vicino nel porto di Trieste. Invece i mercanti e i mussolati (conduttori delle carovane di animali da soma) che nei tempi anteriori avevano usato la via più corta, ora l’abbandonavano e scendevano ai porti istriani. Sino dal 1392 Venezia, volendo