PREFAZIONE XXVII Se il suo passato sarà conosciuto nella sua pienezza, la città ne avrà più alto onore, miglior ragione- d’orgoglio, più intera consapevolezza della sua missione. La sua storia è stata veramente infamata da Italiani e da stranieri. Per un francese, il Tissot, che scrisse: Trieste est une ville divine pieine de fleurs et de soleil, quante ingiurie, quante diffamazioni straniere, dal Leger che la diceva: colonie italienne jetée parmi les Slovènes, al Wellenhof, che la dichiarava debitrice verso la nazione tedesca di ogni suo bene, infine a tutti quegli scrittori inglesi (Steed, Seton-Watson), francesi (Gauvain, Chaboseau, Chervin, Denis, Vellay, Lanux, ecc.), slavi (Masaryk, Vojnovich, Krek, Vosnjak, Cvijich, Zupanich, Gregorin, ecc.), tedeschi (Penk, Chlumeczky, Sosnosky, ecc.), che, durante la guerra o prima, falsandone la storia, tentarono negarle il diritto nazionale. Devo ringraziare il senatore Attilio Hortis, al cui consiglio non ho fatto mai vano ricorso, Arduino Colasanti, che mi permise di adoperare materiale fotografico delle Belle Arti, Piero Sticotti, che, con amicizia generosissima, mi aiutò a preparare il materiale illustrativo, Camillo De Franceschi, la cui incomparabile cortesia mi agevolò il lavoro nella Biblioteca e nell’Archivio comunale, ilcav. dott. F. S. Perroni, che dirige con vero amore il R. Archivio di Stato e con squisita compiacenza verso gli studiosi, il comm. Giovanni de Scaramangà, che gentilmente mi aprì allo studio la sua mirabile collezione, il comm. Andrea Davanzo, dal quale ebbi la possibilità di vedere le carte lasciate dal Caprin, e gli amici Giovanni Brusin, Giovanni Quarantotto e Baccio Ziliòtto, dai quali ebbi cortesi informazioni bibliografiche, ogni qualvolta, vivendo lontano da Trieste, dovetti annoiarli con richieste. Roma, febbraio 1924.