382 ALTRE CONGIURE CONTRO L’AUSTRIA popolare: non poteva quindi esimersi dall’esaudire, almeno in parte, le proteste che si sentivano ovunque. Anche per i più ligi servitori certi privilegi municipali erano beni preziosi. Timore che si alimentasse il malcontento che ribolliva suggerì a Federico III l’ordine diretto (marzo 1478) al nuovo capitano, Nicolò Rauber, genero del Luogar, perché non permettesse a alcuno dei fuorusciti il ritorno in città: se fossero ritornati, diceva la lettera imperiale, ne sarebbero potuti sorgere sciagure e danni (« unrat und schad »). Però, allo scopo di gratificarsi almeno la classe nobile e borghese, nel medesimo anno l’imperatore ristabilì il Consiglio maggiore: non gli permise tuttavia di eleggere le cariche cittadine. Provvide invece al commercio e — essendosi scoperto che, per frodare gli ordini imperiali, i mulattieri dell’interno (detti allora anche saltuari) nascondevano il grano sui Carsi per contrabbandarlo di notte verso le terre istriane e mandavano i cavalli scarichi a Trieste a prendere le bollette della dogana — proibì ancora una volta il commercio granario con l’Istria e comandò passasse per Trieste. Ma, imponendo un prezzo artificiale al frumento, inferiore a quello che si pagava a Capodistria, non ottenne che di stimolar meglio il contrabbando. La popolazione intanto veniva da flagello a flagello: la peste la visitava malamente nel 1477 e ritornava nel 1479, divorando la seconda volta da settecento « persone di comunione », idest individui superiori ai 10 anni: micidiale tributo per una città, che era uscita da poco dalle stragi di una guerra e di una rivoluzione e contava allora meno di sei o settemila abitanti. Nel 1485 gli elementi più caldi della parte soccombuta nel 1469 poterono sperare di trovare il mezzo per riaversi. Il Re di Ungheria, Mattia Corvino, era in lotta con l’imperatore: la guerra poteva estendersi in tutti i luoghi da questo dominati, e anche meglio in quelli al mare, perché l’Ungheria rivendicava perenti diritti sulla Dalmazia e suirAdriatico. Bartolomeo della Valle, sbandito da Pordenone nel 1468, cospirava alla Corte ungherese per persuadere il Re all’impresa di Pordenone e di Trieste. Era suo sollecitatore uno dei Luogar, Erasmo, ribelle a Federico. Ma gli stava a fianco, con eguale passione di vendetta, il triestino Lazzaro de Rossi, proscritto nel 1469. Non è improbabile che altri Triestini fossero con lui, prima perché Pordenonesi e Triestini avevano cospirato e sofferto assieme nel 1468, poi perché la congiura