XVIII. LOTTE PER LA LIBERTÀ E PER I COMMERCI Le città dellTstria, nei tempi che seguirono al xiv secolo, non ebbero più individualità particolare: furono membri del corpo veneto, fedelissime e modeste collaboratrici della Repubblica di San Marco, pronte alla devozione e al sacrifìcio. Trieste invece -— tolta allTstria per essere annessa al Friuli e tolta al Friuli per essere congiunta, quasi diremmo, a quella zona intermedia tra l’una e l’altra [regione che è la kCarsia — [ebbe una personalità tutta particolare, dovette lottare senza pace e visse d’un’esistenza travagliata, che le diede una fisionomia tutta distinta e tutta nobile. Si trovò nella necessità di sfuggire a un assorbimento, che i potenti, da cui era tenuta o circondata, tentarono più volte. Fu costretta perciò a chiudersi in un rigido formalismo municipale, che la mantenne continuamente separata dalle regioni che avevano quello stesso dominio, dal quale lo svolgimento dei fatti politici le impedì di più staccarsi. Una storia quindi di volontà e di passione, che sembra prodigiosa in così piccolo cerchio di mura. La città andò intanto via via decadendo e impoverendo, ma conservò sempre quella rigida, intransigente difesa del suo municipalismo, in cui era il segreto vitale del suo carattere e della sua civiltà. Certo, se il patto del 1382 fosse stato voluto come atto di preveggenza politico-economica, sarebbe stato, per ben oltre trecento anni, un errore senza eguali: un patto sterile e dannoso. Giova subito ricordare che esso non liberava Trieste dall’obbligo del tributo alla Repubblica veneziana e dell’omaggio a ogni Doge nuovo eletto. Onde la città doveva sempre riconoscere a Venezia quell’assoluto dominio Storia di Trieste, vol. I. 21