LEGGENDA DELLE .< TREDICI CASATE )' mavano. Queste case erano tredici: degli Argento (dai Triestini detta de l’Arzento), dei Baseggio (Baxei o Baxeio), dei Belli, dei Bonomo (Bonòm), dei Burlo (Burli), dei Cigotti (Cigòt o Zigòt), dei Giuliani (Zuliàn o Zuliàm), dei Leo (Lio), dei Padovino (Paduini), dei Petazzi (Petàz), dei Pellegrini (Piligrin), degli Stella e dei Toffani (o Teffani). La limitazione della fraterna a alcuni membri di queste tredici famiglie fece credere che esse rappresentassero la più antica e migliore nobiltà triestina, come le « case vecchie » o i « longhi » di Venezia. Ma questa delle « tredici casade » è leggenda relativamente moderna. La fraterna era stata fondata, nel 1248: nel 1465 molti dei suoi fondatori non avevano più discendenti e la maggior parte delle tredici famiglie — con tutta probabilità i Padovini, gli Stella, i Petazzi, i Giuliani, forse gli stessi Bonomo e i dell’Argento — erano venute su dopo il 1248. Soltanto i Leo, i Cigotti e i Toffani si trovano nel noto documento del 1202. In un elenco quasi completo del Consiglio del 1343 mancano gli Argento, i Padovino, gli Stella, i Pellegrini. D’altra parte, nel 1465 vivevano famiglie nobili che erano molto più antiche, epperò più insigni secondo il principio della nobiltà, di quelle tredici della fraterna: esse risalivano sicuramente al xm o alla fine del xn secolo, come i Baiardi, ricchi e nobilissimi, i Messalti (Mesàlt), i Pace (Pas), gli Adami (Ade o Adam), i Prima, i Blagosich, i Mirissa, i Ravizza o Rapicio (che avevano dato alla città un vescovo e, come gli altri qui citati, molti magistrati), i Ghenana (Genana o Genan), i Porta, e non pochi altri. Di più non tutti i Bonomo, i Giuliani, i Burlo, ecc., erano membri della fraterna. L’esclusività delle tredici famiglie, infatti, non fu rispettata: nel 1558, deliberata anche una volta quella «serrata», furono allontanati dalla fraterna alcuni d’altre case che, contro lo statuto, vi erano stati iscritti. Ma anche nel 1558 — ci basti ricordare i Rapicio — rimasero fuori della fraterna famiglie più antiche, non meno e forse più nobili di quelle che la componevano. Gli odii di parte turbavano gli animi di questi nobili o zentilomini: ma nella vita consueta, come li mostrano i documenti privati, essi erano gente bonaria, modesta, che viveva di commercio, e nel vino, nel-sale, nell’olio e nelle merci della sua stazò o botega aveva tutto il suo cavedàl 0 capitale. Quei Bonomo, quei Giuliani, quei Burlo, quei Messalti, tutti quei signori del Gran- Conscio, vendevano i loro prodotti e stavano nelle