338 LA LEGGENDA DELL’« ALABARDA » interessi proprio e solo fondendoli in quelli di Venezia, la quale, senza aver bisogno di Trieste, a questa, con qualche suo giovamento, avrebbe potuto dare la vita. Se Trieste fosse stata una città di Venezia, i mercanti dell’interno avrebbero trovato a Trieste quello stesso regime portuale e quelle stesse mercanzie e quegli stessi prezzi che trovavano a Muggia e a Capodistria e a Pirano: avrebbero perciò continuato a preferire Trieste alle altre città, perché più vicina al loro paese e più facilmente raggiungibile. I commerci vi avrebbero confluito e Venezia, verosimilmente, avrebbe approfittato del porto triestino per ampliare i suoi traffici con le terre austriache; di più. vi avrebbe favorito quella produzione del sale, che invece prendeva a ostacolare in ogni modo. Se Trieste fosse stata soggetta a San Marco, avrebbe partecipato al dominio del mare e usufruito di tutti i vantaggi che offriva ai Veneziani: invece, rimanendo indipendente, lo doveva subire e vedeva riversarsi sui suoi commerci tutti gli svantaggi che esso riserbava ai non Veneziani. Isolata e avversata e povera di mezzi finanziari e economici, la città doveva consumarsi nelle sue crisi: unita a Venezia, come le altre città povere a questa soggette, avrebbe potuto suggere le zinne della grande e pietosa Dominante. Gli interessi economici, dunque, avrebbero dovuto spingere la città a porsi sotto le ali di San Marco. Prevalsero sempre, al contrario, gli ideali politici della classe dirigente. Questo è un titolo d’onore, sebbene possa attestare di poca saggezza. Non è senza profondo significato la leggenda popolare, la quale narra che 1’« alabarda di san Sergio », custodita nel duomo come insegna della città, non si potè mai indorare, né inargentare, per quanto si facesse: onde rimase sempre, per miracolosa causa, di ferro grezzo. La virtù dell’insegna cittadina, refrattaria all’oro e persistente nella sua povera bellezza, raffigura invero l’animo del Comune, che mai, né allora né poi, antepose gli interessi materiali ai suoi diritti di libertà e di sovranità. Rimasta fuori dello Stato veneziano, Trieste soffrì, durante il Quattrocento, un’ininterrotta decadenza commerciale, di cui non fu causa la pretesa assurda rivalità di Venezia. La divergenza d’interessi non fu mai fra l’esile Trieste e la poderosa regina dell’Adriatico (termini allora così essenzialmente lontani e disformi da non consentire