XV. L’ANNESSIONE AL FRIULI Nel 1368 la Repubblica di San Marco non pensava di trasformare in vincolo di sudditanza quello di fedeltà, che le sembrava sufficiente a garantirla contro i danni che le potevano venire da Trieste nel Golfo. Aveva tollerato più volte che il Comune mancasse ai patti e lo aveva veduto rientrare con regolare vicenda nella sua sfera, dove era attirato anche e specie dagli interessi economici. La provocazione ingiuriosa commessa dai Triestini e la facilità, con cui essi si profferirono a tutti i nemici di Venezia, trassero questa all’inevitabile conquista. Ma, avuta la città, si accorse tosto che molte ambizioni d’altri si concentravano su di essa: era un possesso pericoloso e minacciato. Decise pertanto di fortificarla, avendo la sensazione precisa che non sarebbe mancato chi tentasse riprendergliela. Non temeva dei cittadini, o meglio della fazione a lei contraria, troppo debole ormai e disfatta e incapace di provocare una ribellione, ma delle forze esterne, friulane oppure oltramontane, che stavano agli agguati. Incominciò la costruzione d’un castello sul colle di San Giusto, tra Pozzacchera e il duomo, dove giacevano rovinati dalla guerra l’episcopio e il monastero delle Clarisse. Affidò la direzione dei lavori a Goro e a Giacomo di Medicina e chiese al Signore di Verona l’ingegnere Allegrino, che si recò a Trieste accompagnato da messer Nicolò Orio, podestà. Nel 1371 il castello di San Giusto (castrum Sancii Insti) era compiuto. Nello stesso anno una commissione militare fu incaricata di studiare i piani per un’altra fortezza dalla parte del mare, probabilmente in previsione di nuove lotte con Genova o col Re d’Ungheria. Fu decisa la costruzione di un forte, che si chiamò Castello alla marina.