3°8 LE FONTI DELLA VITA ECONOMICA notturne. Per non parlare delle leggi contro il lusso e per la « moderazione delle vesti delle donne », promulgate dal podestà Federico Dandolo nel 1335. Le autorità sorvegliavano anche la prostituzione: le meretrici, dette anche curiali (« madre »0 « badessa » era la padrona), avevano in affitto una casa in contrada del Mercato. Fonti principali di vita l’agricoltura (coltivazione delle vigne, degli olivi, dei fichi) e le saline: minor fonte il commercio. L’industria del sale godette di cure speciali, guardata dal Comune con amore e con gelosia. Si diede opera anzitutto a allargarla, lavorando i fondi fangosi o paludosi. Nel 1320 si promise un premio di dieci lire per ogni fondo o « laboratorio » di saline che si mettesse a frutto. Ridotto nel 1329, tre anni dopo il premio si mutava nel senso che il Comune offriva metà del capitale necessario allo stabilimento. Anche gli Statuti del 1350, che escludevano gli stranieri dal possesso delle saline, ne curarono la « laboratura » e il « conzamento » con sussidi particolari. Sia perché la città non volesse esserne sfornita, servendole il sale per gli scambi commerciali con gli Oltramontani, sia perché dovesse obbedire a leggi veneziane, nel 1328 essa proibì il commercio del sale via mare. Nel 1357 vietò venderlo fuori della città, obbligando i proprietari a «incanevarlo », a metterlo nelle cantine dentro il dì di san Michele. Campi speciali del commercio furono, sinché potè durare, l’immediato retroterra, la Carniola, le terre stiriane e carinziane ad essa adiacenti e il Friuli. Quanto curasse l’attrazione dei mercanti è prova la costruzione, deliberata nel 1337, del fondaco speciale per gli Slavi e per i Tedeschi, dove i muselati o musiolati (i somieri che arrivavano coi loro carichi in città) potevano trovare ospizio e fare i loro affari. Gli Statuti del 1350 stabilirono che dei dodici messetari o sensali della città, sei dovessero conoscere il tedesco. Appartenevano al commercio anche i cambiavalute o ingambiatori di monete. Per mare i traffici non uscivano dall’Adriatico: raggiungevano appena le Puglie e cercavano con massima frequenza l’emporio di Venezia. Non erano se non traffici, diremmo così, di seconda mano, che si procacciavano le merci nei porti che fungevano da centri di rifornimento e che avevano relazioni più vaste. Mancarono, anche nel Trecento, capitali e audacia per costruire e per finanziare le navi destinate ai lunghi viaggi di carovana nei centri di produzione originari del Medi-