La battaglia notturna offri di uscire in esplorazione per constatare se il nemico si fosse del tutto ritirato o si raccogliesse per ripetere il tentativo, e si inoltrò cauto fino al fossato già percorso dagli assalitori trovandolo deserto. Cagni gli fu grato di quella segnalazione che gli permise di concedersi respiro. Quei due soldati si erano stimati e intesi fin dal primo incontro e da giorni collaboravano all’impresa con uguale dedizione. In una bella pagina delle sue corrispondenze di guerra Corradini li ritrasse come campioni delPitaliano ideale: « Mai l’armata italiana e l’esercito italiano avranno tra di loro vincoli più forti di quelli che ebbero quei primi, puri, belli, felici, divini giorni di Tripoli, nei cuori di quei due uomini, l’uno capitano di terra, l’altro capitano di terra e di mare, tutti due degni di operare l’uno accanto all’altro, d’amarsi l’un l’altro, d’onorarsi per la loro diversa e uguale virtù. Tutta la marina in quei giorni di Tripoli cavalcava. Tutti i begli ufficiali di mare esultavano cavalcando dalla città alle trincee e dalle trincee alla città. E il Cagni era in mezzo a tutti, davanti a tutti, come un rogo ardente che sprigionava la gioia d’agire. Egli, nato di tale istinto, che sarebbe stato guerriero e capo di guerrieri in Grecia, in Roma e nel Medioevo, e durante le guerre per la nostra liberazione e sotto Garibaldi, aveva in quei giorni una tale gioia d’agire guerrescamente e di comandare la guerra, come se davvero ci fosse stata in lui un’energia di vittoria accumulata da tempo immemorabile, la quale soltanto allora avesse trovato il modo d’esplodere. E di quella energia si alimentavano i suoi uomini come si mangia il pane e si beve l’acqua e diventava la loro gioia d’agire, il loro slancio nei combattimenti, la loro vittoria. Durante i pasti comuni, sola ora di riposo coi brevissimi sonni, il Cagni conversava gaiamente, abbondantemente, come se non avesse altro pensiero. Parlava con franchezza come con libertà e di proprio impulso era solito agire, uomo veramente nato per essere animatore d’uomini. Né allora appariva la sua terribilità, la terribilità dell’uomo di guerra, quella con cui egli aveva disciplinato sé medesimo al Polo, quella per cui voleva dagli uomini, com’ei diceva, la pelle e il resto; quella terribilità per cui l’uomo di guerra porta volentieri gli altri e sé medesimo nella zona della morte. Allora appariva un