268 LA CITTÀ NEMICA DEL DUCA D’AUSTRIA contatto territoriale con la città, dal conte Ugo di Duino, allora capitano per il duca Leopoldo a Treviso. Poiché, secondo la lettera portata a Treviso, la dedizione sarebbe avvenuta nelle mani del capitano di Duino, si dovrebbe ammettere l’assurdo: che Trieste, per difendersi da un nemico, si fosse messa sotto la protezione del nemico stesso. D’altro canto, Trieste, per difendersi, non aveva bisogno di darsi in protezione a nessuno in particolare, in quanto, appartenendo al Patriarcato ed essendo d’accordo col Patriarca stesso, era naturalmente protetta dagli alleati che lo sostenevano. Trieste non campava allora in aria, non era isolata e sperduta, come vorrebbero ammettere certuni per imaginare un’affannosa ricerca di aiuti da parte sua. Essa era cospicuo membro della Lega dei Cividalesi e di altre comunità friulane, di Francesco di Carrara, del conte di Gorizia e degli altri che combattevano per l’Alenfjon e ai quali aderiva anche il Re d’Ungheria. Come membro della parte patriarchesca, Trieste aveva un solo nemico intorno a sè, contiguo al suo territorio e in posizione da poter danneggiarla: il Duinate, che è quanto dire il duca Leopoldo, suo diretto signore. Prova tangibile della partecipazione di Trieste a quella hega è il prestito di mille ducati d’oro che Francesco di Carrara fece alla città il i° aprile del 1382 e che furono incassati dal procuratore Adelmo di ser Genano dei Petazzi a nome del vicecapitano Tomaso da Spilimbergo e dei giudici rettori. Il Carrarese era allora in aspra guerra col duca d’Austria per Treviso. È quindi facilmente credibile che l’atto suo a favore della comunità triestina abbia avuto un carattere ostile verso il duca medesimo, atto di cui si devono considerare partecipi i Triestini stessi. Lo scopo del prestito non si conosce; ma è verosimile che sia stato un soccorso finanziario da alleato ad alleato contro un comune nemico. Quali sentimenti potevano essere allora nella maggioranza dei Triestini verso il duca Leopoldo? Egli era quello stesso duca Leopoldo, con cui essi avevano avuto da fare nel 1369. Era davvero possibile che essi, dopo soli tredici anni, avessero dimenticato l’atto di dedizione estorto allora e distruttivo di tutte le libertà cittadine? Possibile che fosse caduta dalla loro memoria la sua clamorosa sconfitta? E peggio, che non rammentassero come, dopo aver giurato di non vendere la città a alcuno, l’anno seguente l’avesse alienata a prezzo di bell’oro sonante ai