12) TRIESTE E IL REGNO ITALICO sempre, oltre all’imperiale, la sovranità della repubblica dei Dogi: lo si arguisce dagli omaggi di fedeltà che Parenzo e Pola fecero a Pietro Orseolo nel iooo, quando passò nei loro porti, diretto alla conquista della Dalmazia. Nello stesso patto che Capodistria firmò a Venezia nel 976, è manifestata codesta doppia sovranità accettata dalle civi-tates marittime, dalle quali, come rilevò già il Romanin, non si può omettere Trieste. Soldati o pirati usciti dal suo porto sarebbero stati, secondo la leggenda, gli autori del ratto delle Marie a Venezia: il Sanudo assegna questa favola ai tempi di Candiano III e narra come i pirati del triestino Gaiolo sarebbero stati sorpresi e vinti dai Veneziani. Forse il mito, in origine, si riferiva ai corsari saraceni o croati, che arrivarono sino alla Laguna, e più tardi, in tempo di guerra, fu riferito ai Triestini. Errerebbe chi vedesse nell’annessione della Giulia alla Baviera e alla Carinzia un oscuramento della verità territoriale e confondesse l’eterno fatto geografico con le mutazioni politiche. Il Patriarca d’Aqui-leia, per quante vassallo dellTmpero, rimase sempre un princeps Italiae. L’anno 983, nel patto coi Veneziani, Ottone II designava i Friulani e gli Istriani come popoli in nostro italico regno degentes. Undici anni addietro, nel diploma della dote di sua moglie, egli aveva chiamato espressamente a provincia d’Italia» lTstria, i cui confini, giusta un diploma del 996, erano di là da Fiume. Verso il Friuli si segnavano al Timavo e sulla linea dei Carsi sopra il Vipacco. I rapporti di Trieste con le regioni d’oltralpe sono chiariti dai documenti. A tenore del diploma di Lotario, che fu rinnovato da Ottone III in una data non esattamente conosciuta e nel 1039 da Enrico III, il vescovo dipendeva con vincolo immediato dallTmperatore in quanto Re d’Italia. Si deve quindi escludere ogni dipendenza sua e però della città dai marchesi carinziani e anche dai conti d’Istria. Ma all’impero non mancò il mezzo di tenere la città dentro l’organismo politico della Marca, cioè dentro quel complesso strumento che era stato costruito sotto le Alpi per proteggere la signoria germanica sul « giardino del mondo»; strumento che funzionò ottimamente a vantaggio dell’impero durante il XI e quasi tutto il xii secolo. Il sistema della Marca si complicò coi Patriarchi, coi vescovi, coi conti di Gorizia e con quelli del-l’Istria, tutti destinati a formare una specie di gran corpo di portinai