330 UNA CONGIURA PER VENEZIA reggessero, se non quello formato da citadini, habitadori e districtuali de Trièst: norma loro sempre la antiga usanga de Trièst. Invero, nella vita politica della città, l’esercizio del principato, come riconosce lo stesso Kandler, era appena percettibile. Consiglio maggiore, Consiglio minore dei Pregadi, giudici e Balìa tenevano in dominio la città e sottoponevano a esame e a votazione gli ordini dei duchi medesimi. L’assenza dei capitani, contro cui, in momenti di discordie interne, avevano protestato, diventava un beneficio, perché il vicario-luogotenente era sempre un giurista italiano, che viveva d’accordo coi cittadini e perché, mancando lo strumento attivo del dominio ducale e poi arciducale, questo rimaneva quasi una parvenza. La classe dei nobili s’era aumentata i suoi poteri, restringendo sempre più il numero delle famiglie a cui si assegnavano le cariche cittadine. Nel 1416 s’era concesso che potessero venire in Consiglio e habere brevia et balotas, cioè diritto al voto, i figli dei nobili, quando avessero compiuto quattordici anni. A Trieste avveniva ciò che non poteva accadere nelle città soggette a Venezia: poiché in queste il dominio dogale nel xv secolo si fondava sul favore delle classi inferiori e popolari e deprimeva, e non di rado stroncava quella dei nobili. A Trieste, invece, le case del Consiglio, come le veneziane nella loro Repubblica, avevano la prevalenza assoluta. E la difendevano con vigore e con meticoloso e fossilizzante mantenimento d’ogni tradizione. Questo spiega perché Venezia reclutasse allora i suoi fautori special-mente nelle classi inferiori. Non mancavano certo nella classe dei nobili elementi d’un partito favorevole a San Marco. Ma i più erano di parte popolare, erano individui che agitavano le classi inferiori in nome della Repubblica promettitrice di maggiori libertà. Così nel 1424, quando una congiura si scoprì e essa aveva lo scopo di dare Trieste ai Veneziani, furono due popolani tra i protagonisti e la scontarono con la morte. Nel maggio s’era rivelato ai giudici come alcuni cittadini avessero ordito una congiura per rovesciare il dominio del duca d’Austria e il regime della parte dominante. Il x. giugno si presero disposizioni contro i cospiratori, nominando dieci Savi, che potessero istituire processo e investigare anche con la tortura. Andrea di Domenico Rapicio, che sembra essere stato il capo della congiurazione, avvertito a tempo, potè fuggire insieme a altri complici, contro i quali fu proclamato il bando.