LE CLASSI SOCIALI 157 I rettori, detti anche giudici o consoli erano incaricati ogni anno di scegliere tra i cittadini quelle persone — centottanta, secondo gli statuti del 1318 — che dovevano comporre il Consiglio, il quale durava un anno. Partecipavano « de proprio iure » al Consiglio, anche se non eletti, i cittadini che erano chiamati a coprire alcune cariche importanti. Gli uomini delle città erano divisi in « cittadini » e « abitatori »: tra i primi, da possidenti, da mercanti e da professionisti si formò nel XIII secolo un’altra classe più ristretta, quella dei nobili, in parte discendenti dall’analoga classe del primo tempo comunale e da vassalli vescovili e in parte composta di gente arricchita o di persone più frequentemente chiamate agli uffici pubblici. Entravano nel Comune, cioè nel Consiglio, soltanto i « cittadini » superiori ai quindici anni. I nobili, nella seconda metà del xm secolo, furono la classe più veramente dirigente il Comune, sebbene non si possa parlare né di una vera aristocrazia, né di una sua definitiva vittoria sui cittadini, né di una « serrata » del Consiglio e di una esclusione degli elementi borghesi minori. Questi nobili, del resto, non erano anch’essi se non mercanti e proprietari di campagne e di saline. Non altro. Rarissimi quelli insigniti del grado della milizia e dotati di feudi importanti. Nel 1248 si formò la congregazione di Santa Maria dei nobili: e allora avvenne un vero e proprio atto di concentrazione della nobiltà, analogo al movimento che in quei tempi si svolgeva a Venezia. Ma, se questa concentrazione si facesse per difendere o se per propugnare una costituzione più rigorosamente aristocratica del Consiglio contro borghesi e popolari, resta di là dalle attuali conoscenze dei documenti. II Consiglio si chiama « maggiore » appena in un documento del 1292: quel titolo presuppone l’esistenza d’un Consiglio « minore » o ristretto, che è documentato soltanto nel xiv secolo. Però deve certo risalire ancora al xm secolo la credenza, che è il Consiglio minore più volte ricordato nei primi statuti. L’esistenza e la potenza del Consiglio non esclusero mai la possibilità di convocare il popolo ne\Y arenga — assemblea generale — o nella piazza o in una chiesa. Né il podestà, né i rettori potevano però convocare Y arenga senza permesso del Consiglio e senza aver comunicato prima a questo l’argomento su cui volevano chiedere il voto dei cittadini.