XXVI PREFAZIONE moderni, per essere di più inedita gran parte del materiale qui pubblicato. Le fotografie, meno alcune già edite dagli Alinari, sono state fatte da Pietro Opiglia: alcune sono di Francesco Penco e di Socrate Gherlanz. L’essere questa storia la prima elaborazione del materiale raccolto fino a oggi da scrittori e da studiosi la rende inevitabilmente incompleta e asimmetrica. Essa attende che altri compia opera maggiore. Essa dà le linee principali o i caratteri dominanti di alcuni periodi, che aspettano dai giovani nuovi studi particolari, nuova penetrazione negli archivi, nuove intuizioni. E mia fervida speranza che i giovani, se si accosteranno a questa mia fatica, intendano quanto sieno ancora vaste le plaghe inesplorate delle storie cittadine, quanti testi sieno da rivedere, quanti da pubblicare, quanti momenti da analizzare, quanti documenti da dar fuori, quanti da notomizzare, quante ricchezze da scavare dal suolo, quante dal fondo degli archivi e delle biblioteche. Giusta necessità per la grande città d’oggi è il conoscere quali furono le fortune della piccola matrice da cui è nata, quali il valore, le opere e l’onesta vita nazionale del nucleo primigenio, intorno a cui essa si è formata per naturale e incessante crescimento. È un onore presentare quei comunalisti e quei patrizi, che seppero mantenere vive attraverso i secoli le tradizioni romane e dare a Trieste un altero carattere di città, anche quando non fu se non un’esile borgata; o quei cittadini che, chiusi in uno stretto cerchio di mura, poveri, maltrattati da tutti, sempre scontenti e sempre aspettanti un avvenire migliore, seppero salvare italiana sulla frontiera invasa la loro patria e alla sua nazionalità dare un& dura robustezza, sicché la nuova città, loro erede, non potè non essere quel vigoroso centro, nel quale la passione d’un popolo, attraverso crisi oscure e incalcolabili sventure, creò una maravigliosa base di diritto alle rivendicazioni dell’Italia nuova.