388 Sofferenza dell’ammiraglio di Roma. C’eravamo seduti sotto vento su due pietre, accanto allo sgabuzzino del custode. Cagni ascoltava attento come se le mie parole fossero numeri. D’un tratto s’alzò, guardò giro giro il monumento incrollabile che pareva gridare Roma da cento bocche. Dovette sentire, lui uomo d’azione, tutto oggi e domani, l’onnipotenza del passato, che nemmeno Iddio può fare che non sia stato. Ma aborriva le parole gonfie. Disse solo: « Dov’è stata Roma, non c’è santi, Roma torna ». E senti subito il bisogno di toccare il sodo. Si tolse un guanto, fregò la mano sulla pietra di un pilastro, che, da quel lato verso mare, vento e salsedine hanno ingiallita e corrosa. Andando verso gli ufficiali che l’aspettavano sul viale, per togliersi dalle mani la polvere della pietra, la sfregò palma a palma, che pareva applaudisse ».