60 dal tirare perfino sulle barche del doge che passava per recarsi ad una funzione solenne (1). Allora si commosse grandemente il popolo, e la forza pubblica non intervenne a tempo da impedire che molti gettatisi nella tartana dei Dulcignoti non ne uccidessero parecchi e tutti gli altri perissero per fuoco appresosi alla polveriera. La cura del governo tosto si volse ad assicurare altra tartana, e la salvezza dei sudditi turchi in generale che si trovavano in Venezia. Così almeno raccontano la cosa i Veneziani, ma i Dulcignoti non lasciarono di farne grande strepito a Costantinopoli, domandando risarcimento dei danni e vendetta. Il gran vezir se ne mostrava in sulle prime assai conturbato, e a gran fatica potè riuscire al bailo Giovanni Emo di far ascoltare le sue ragioni ; pareva a principio che il ministro imperiale conte di Dierling assumesse la mediazione, ma poi mancante d’istruzioni non proseguì più oltre (2). Infine vinte le difficoltà, la cosa fu calmata, contentandosi la Repubblica di pagare venticinque borse, ossia dodici mila cinquecento reali agli eredi degli uccisi Dulcignoti e liberare tutti gli schiavi musulmani che si trovassero in suo potere, mentre in cambio un comando del Sultano al pascià di Scutari e al cadì di Dui-cigno imponeva loro di vietare ai Dulcignoti, gente da non potersi contenere nei termini della moderazione, di più recarsi a Venezia o nei porti a questa vicini, e raccomandava caldamente che nessun danno per 1’ avvenire fosse ai Veneziani recato. (1) 1 Maggio 1722, Dispacci bailo Gio. Emo — 19 ottobre col memoriale presentato al granvezir. Anche Cicogna codice 2959. (2) Dopo la prima commissione al sig. di Dierling non ne erano venute altre, ed il Bailo ciò attribuiva ad un riguardo della Corte di non ispiacere forse alla Porta. Ibid.