17 piego de’ suoi proprii sudditi pel trasporto di materiali ed effetti, attrezzi militari, grani, ed altro, per la via del Po, dando inoltre facilità al principe Eugenio di mantenere e continuare la guerra nella Provincia (d’Italia) ; essere il re pronto a far uscire i suoi legni dal golfo, quando la Repubblica s’impegni di guardarlo ella stessa, e togliere ogni passaggio di sussidii di qualunque genere agl’ imperiali, ma che alla fin fine dovesse essere tollerata la necessità di fare la guerra da per tutto ai proprii nemici, quando non si vogliano dai Veneziani prender le proprie risoluzioni e non si possano in altra maniera divertire i disordini. Scriveva il Senato al proveditore generale, che se i Francesi facessero qualche contratto per estrazione di frumenti, dovesse dissimulare, insistendo però pel compenso dei danni ; ma non era quietato un motivo di querela, che, come suole avvenir, un altro ne sorgeva. Gl’ imperiali facevano armare un legno nello stesso porto di Venezia ; Forbin entrava, visitava le barche, incendiava quel naviglio, senza curarsi che alle rimostranze fatte dalla Repubblica a Vienna fosse stato disarmato. Mentre così peggioravano ogni giorno più le relazioni della Repubblica verso le potenze belligeranti, la guerra continuava, e sempre più sfortunata pei Francesi al comando de’ quali, richiamato ingiustamente Catinat, era stato surrogato l’inetto Villeroi. Interamente rotti a Chiari, dopo dimora di alcuni giorni sulla sinistra del-1’ Oglio, dovettero, per mancanza di vettovaglie, levare tacitamente il campo e ripassare il fiume, entrando ne’quartieri a Cremona. Eugenio mossosi da Chiari, non consentendo i Veneziani eh’ egli svernasse nel Bresciano, si volse ad infestare le terre del Mantovano, prese Caneto, Marcaria, Borgoforte, Ostiglia, Goito, Novellara e si spinse Vol. Vili. 8