Ili LA “NAPOLI” Nell’esercizio del comando non rinunciava al suo spirito di autonomia, addirittura con un godimento delle responsabilità, anche le più forti, ignoto anche ai più spregiudicati, ma in maniera spesso irritante per i suoi superiori. Concepiva la vita come una gara perpetua. Alle manovre navali dell’ottobre 1905 andò in furore perché gli ordini deU’ammiraglio avevano provocato, a suo avviso, la sconfìtta del suo partito. Anzi non se ne rassegnò e di proprio arbitrio tentò una singolare rivalsa. Erano i giorni in cui giungevano dall’Oriente le narrazioni della vittoria di Togo sulla flotta russa a Tzuscima. « Le navi del mio partito furono sorprese e silurate mentre noi avevamo l’ordine di sorvegliare posti ove il nemico non passava, e quello peggiore di non attaccare mai il nemico ». «Venerdì io, non potendone più, verso mezzanotte, disalberato il “Nembo”, sono penetrato nell’estuario per il passo della Moneta fino al ponte girevole che unisce Caprera con la Maddalena. Ho mandato i miei uomini per aprire il ponte, ma essi, dopo un’ora e mezza di lavoro, non vi riuscirono per mancanza di chiave adatta e, facendosi giorno, io mi ritiravo senza essere scoperto e portandomi l’impronta della boccola per fare la chiave nel giorno e ritornarvi la notte seguente. Ma l’ammiraglio, come il solito, mi troncava le gambe dichiarando (nell’entusiasmo che finalmente qualcosa fosse riuscito, non certo per merito suo) che l’azione doveva essere ritenuta compiuta ». « Il passaggio della Moneta, pericolosissimo anche di giorno per torpediniere, fatto da me col “Nembo”, assai più grosso di una torpediniera, e per di più di notte, ha certamente fatto molto senso, tanto che il Ministro ne informò pure Sua Maestà il Re come di una cosa straordinaria. Ma se mi avessero lasciato fare... » i?-