333 alcune parti, o sottraendone anche interamente la cognizione, non ostante al provvedimento fatto in questo proposito dal Senato nel 1781. Esaminava anche le relazioni dei varii rappresentanti alle Corti e nei reggimenti delle Provincie prima che fossero lette in Senato, dava le commissioni agl’ inviati della Repubblica, ai generali, ai Rettori ; da lui dipendevano gli affari ecclesiastici ; l’importante magistrato dei cinque Savii alla mercanzia e il gelosissimo della Sanità erano con esso in diretta comunicazione. Raccolto anche col doge, coi suoi sei Consiglieri e coi tre capi della Quarantia costituiva il Pien Collegio, che riceveva formalmente gli ambasciatori esteri ed i varii nunzii ed inviati, e deliberava nelle materie più gravi comprendendo in sè la maestà della Repubblica ed intervenendo come tale in tutt’ i Consigli. 3. Che se la Signoria era la rappresentanza della dignità della Repubblica, il Maggior Consiglio era la rappresentanza collettiva della sua sovranità, di cui il Doge era soltanto il capo titolare e visibile. Il Maggior Consiglio racchiudevano infatti in sè tutti gli elementi, siccome quello dal quale tutti gli altri magistrati e il doge stesso ricevevano la loro primitiva origine, e dal quale avevano dipendenza. Vero sovrano della Repubblica, costituito a principio dei tre ceti, cioè dei nobili, del clero e del popolo, poi per la così detta Serrata del 1297 ridottosi il governo a pura aristocrazia, non si formò più se non dei nobili i quali dall’ età di venticinque anni in su vi aveano tutti l’accesso, con inoltre anco trenta più giovani estratti a sorte ogni anno nel giorno di s. Barbara (4 dicembre). Formava esso la base fondamentale del governo, fornito della potestà legislativa ed elettiva, preseduto dal doge e dalla Signoria ; emanava quindi nuove leggi e riformava le esistenti, decideva nelle controversie tra gli