262 Colpì di testa I compiti previsti per la marina erano molteplici: assicurare il dominio del mare, scortare i convogli di truppe, proteggere gli sbarchi, difendere le coste nazionali ed eritree da eventuali attacchi, impedire rifornimenti e contrabbando di guerra. A capo delle forze navali riunite era l’ammiraglio Aubry che comandava pure la prima squadra e la prima divisione di essa, mentre la seconda divisione era agli ordini di Presbitero. Capo della seconda squadra e relativa prima divisione era Faravelli, mentre comandava la seconda divisione Thaon di Revel. Pure da Faravelli dipendeva la divisione navi-scuola comandata da Borea Ricci che aveva Cagni come capo di Stato Maggiore e comandante della “Re Umberto”. Infine le siluranti erano agli ordini del Duca degli Abruzzi il quale aveva al suo fianco Enrico Millo. In tutte le città d’Italia folle imponenti salutarono i reparti avviati a Napoli per l’imbarco. Nell’ambiente fino allora troppo chiuso della vita italiana si era aperto uno spiraglio; le vecchie bandiere da troppo tempo inerti sventolarono all’aria ossigenata che allargava il respiro degli Italiani. Squillavano le fanfare e i canti di guerra. Nel primo entusiasmo nessuno pesava né scorgeva gli errori che già si commettevano, come quello di lasciar passare indisturbata in vista delle nostre corazzate una nave turca, il “Derna”, che portava al nemico un prezioso carico di fucili, cartucce e vettovaglie. Finalmente fu lanciato un “ultimatum”, ed il 29 settembre 1911 dichiarata la guerra. Con azione fulminea il Duca degli Abruzzi investi Prevesa, bombardò torpediniere turche, catturò piroscafi e si presentò davanti a San Giovanni di Medua. Ma l’Austria, infastidita dall’azione del Principe lungo le coste albanesi, ne reclamò la cessazione presso il governo italiano. Anzi il solito Conrad tornò ad insinuare la convenienza di aggredire l’alleata con una guerra preventiva mentre era impegnata in Africa per stroncare all’inizio la nostra marcia verso la potenza. Intanto il ministro Di San Giuliano insisteva perché si bombardasse Tripoli, per creare il fatto compiuto; lo aveva chiesto anche prima della dichiarazione di guerra, ma il