n 67 dusse alla pace di Belgrado. I Veneziani con molta avvedutezza bilanciando vantaggi e svantaggi, sicuri che i Turchi, usciti appena dalla rovinosissima guerra di Persia ed impegnati in una nuova con quelle due potenze, non li avrebbero molestati, anzi tenuta cara la loro amicizia, aveano fermamente resistito a tutti gli eccitamenti dell’imperatore di concorrere aneli’ essi colle loro armi, e al-1’ ambasciatore cesareo principe Pio rispondeva il Senato il 3 maggio 1738 : « Invitandoci nuovamente all’ unione dell’ armi nostre alle sue come ad una precisa obbligazione, cui sia tenuta la Repubblica nostra per il trattato della pubblica lega e per la dichiarazione del 1733, datosi nuovo e pesato esame al negozio, non possiamo che con ingenua apertura degli animi nostri (ripetere) ciò che nell’ ufficio nostro 4 maggio, in quello dei 3 agosto e nell’ ultimo 11 gennaio si è significato. Il trattato della sacra difensiva lega cui tutte son consone le convenzioni e dichiarazioni suddette, e che fu stipulato dalla M. S. 1’ imperatore Leopoldo di celebre ricordanza, tra la Repubblica di Polonia e da noi pure sottoscritto e giurato, non inferisce che un reciproco universale consenso di forze qualora o 1’ una o 1’ altra delle mentovate potenze fossero assalite dai Turchi, e tale trattato che fu mai sempre da noi riputato e si reputa come uno degli ornamenti più illustri, ed uno dei più sicuri presidii della Repubblica nostra, sarà esattamente con inviolabile fede e costanza in qualunque tempo religiosamente mantenuto e osservato. Se questo impegno poi, che non altrimenti ravvisasi che per un impegno di confederazione difensiva, obbligar possa la Repubblica nostra alla partecipazione d’ una guerra che riconosce altri principii, e se le cose che diedero occasione al-l’intrapresa di questa guerra e sopravvennero poi nel suo