104 della guerra avea grandemente sofferto, era molto travagliata dalla Corsica sollevatasi sotto il valoroso Pasquale Paoli. Non potevasi non riconoscere che la lunga pace, quanto favorevole ai materiali interessi, altrettanto infiacchisse lo spirito della Repubblica di Venezia, il cui governo non ommetteva di accorrere di quando in quando con utili e saggi provvedimenti a rimedio del male, ma era rimedio inefficace, e il mal costume sempre più si propagava. Le idee dei filosofi di Francia erano penetrate anche in Venezia nelle classi elevate della società fra quegli stessi che tenevano il governo e ingeneravano un sordo scontentamento, davano alimento all’ animosità contro i Dieci e gl’inquisitori, introducevano il disaccordo nei magistrati. L’ ambito, gl’ intrighi, anche donneschi, l’abuso del potere molto si erano distesi in quel secolo corrotto, e piccole gare, lievissime cause per poco non causarono una totale rivoluzione. Era Angelo Querini distinto senatore, allievo di Ferdinando Poretti, di perspicace ingegno, di animo generoso e di fermi proponimenti, che libero e franco sponeva ; versatissimo nelle patrie storie e nella politica, era compreso di ammirazione e propugnatore delle nuove idee ; eletto ad avogadore di Comune si mostrava della sua carica gelosissimo, e contro chi si fosse, lo che sarebbe stato laudabile, se non ne fosse giovato a puntigli e a favori inconsiderati. Così avvenne che per compiacere ad una dama, vivente in Brescia con quel rettore Andrea Cappello, sfrattò da Venezia una povera crestaja che aveala disgustata per certe cuffie, la quale ricorso avendo agl’ Inquisitori fu da questi come innocente richiamata dal bando. Se ne adontò il Querini ; e quantunque la giustizia stesse dalla parte degl’inquisitori, gridava contro questi come a-vessero giudicato cosa che loro non ispettava. Altro