294 ve la Forza per 1’ imperizia di quelli che la dirigevano ó fu caso invero tremendo (1). Al riaprirsi della stagione, ottenuti alcuni rinforzi, tornò 1’ Emo nella rada di Tunisi donde scriveva il 30 aprile 1785, che ogni intimazione al pascià riusciva vana, che le pretensioni di questo erano intollerabili, e altro non restava che di continuare la guerra. E questa continuò ma con successi non decisivi, tratto tratto sospesa da maneggi diplomatici, che al pari delle armi a niun risultamento definitivo conducevano. « La poca influenza delle navi, scriveva 1’ Emo dalla rada di Tunisi il 14 ottobre 1785, sopra le batterie rasenti del molo, suggerì alla mia imaginazione 1’ espediente, alla prima apparentemente ridicolo, ma effettivamente eccellente, di formare con 1’ artificiosa connessione, clausura e rivestimento della unita superficie di due masse di venti botti, due zattere o galleggianti munite di un grosso cannone da 40 per ciascheduna, servite da marinai, protetti da parapetti formati da doppia riga di mucchi di sabbia ; et a sì piccolo numero mi confinò la nostra penuria di materiali ; senza questa insuperabile miseria ne avrei formato dieci o dodici che 1’ esperienza ha mostrate capaci di esterminare ogni nemica fortificazione ». Tale fu effettivamente il danno che quelle batterie galleggianti (invenzione onde restò poi tanto celebre il nome dell’ Emo) apportavano alla città, che il pascià mostrò inclinare alle pratiche, ma diceva non voler incamminar queste sotto la coazione delle navi nemiche, chiedendo dovessero esse ritirarsi, e rimanere con due sole 1’ Emo, col quale poi personalmente sarebbe venuto ad una conferenza ed all’ accomodamento. La stagione era (1) Disp. 7 dicembre.