69 aver esposto la condizione in che allora trovavasi il veneziano commercio per la concorrenza di Trieste, di Livorno ed Ancona, sponevano la necessità di pronti e grandi, non palliativi provvedimenti. • « Abbiamo molti porti nel Mediterraneo, scrivevano, che danneggiano il nostro commercio. Lasciando indietro gli altri, noi abbiamo quelli di Genova e di Livorno che spandono per la Lombardia alta e bassa e per la Germania le loro mercanzie, così quelle provenienti dal Ponente, come quelle dal Levante. Ne abbiamo due altri nel golfo, Trieste ed Ancona. Ancona che ci ruba ancor, oltre il residuo che ci restava, le merci provenienti pur dal Levante e dal Ponente, quelle dell’ Albania e delle altre provincie turche ; Trieste quasi che tutte le altre che ci derivano dalla Germania per la via del Fontico dei Tedeschi. Questi sono fatti notissimi. Dunque nulla vi resta di più per il nostro porto se non quanto abbisogna per il nostro consumo, e non per il consumo di tutto lo Stato, ma poco più che quello per la sola Dominante, provedendosi le città, particolarmente oltre il Mincio, compresavi anche Verona, da Genova e da Livorno. Il motivo per cui si provvedono da quelle due scale è manifestissimo. Gli aggravi nostri sono troppi in comparazione di quelli, ed il mercante nei suoi negozii corre a quella parte, dove sa di essere meno aggravato, e là indirizza le sue commissioni. Il porto di Livorno aggrava leggermente le mercanzie all’ ingrosso, quali escono poi libere et esenti per qualunque via, sia di mare o di terra, in maniera tale che Livorno assomiglia ad un magazzino di deposito per tutte le nazioni. Ancona e Trieste sono due porti franchi nei quali nulla si contribuisce, toltone un semplice insensibile aggravio, 1’ uno sopra le merci, 1’ altro sopra- il bastimento. Il porto nostro è aggravatissimo. Nel 1684 se lo chiuse di nuovo do-