338 da tutti gli Stati della Repubblica e nei casi gravi anche con taglia sopra la sua testa, e la facoltà a chi lo prendesse, di domandare la liberazione di uno o due banditi. Se invece era entrato agli arresti, gli venivano intimate le difese, e stabilivasi al suo avvocato difensore un giorno pel pubblico dibattimento, lo che dicevasi dare il Pender. Se non avea avvocato, ne riceveva uno ex officio, a ciò essendo stati eletti fino dal secolo XV gli avvocati dei prigioni, con inoltre un sostituto tratto a sorte tra gli avvocati del foro, pel caso d’ impedimento. Si procedeva quindi alla pubblica discussione della causa, lo che chia-mavasi Placito. Condotto 1’ imputato in catene innanzi al tribunale, fatta la lettura del processo, quell’ Avogadore che avealo formato, arringava ad offesa od accusa, instando che giusta la legge e il titolo del delitto, il reo venisse condannato. Rispondevagli 1’ avvocato difensore e presentava tutte le prove, i documenti e i ragionamenti che servir poteano a sua discolpa o a minorazione di pena, succedendo comunemente la replica per una parte e per 1’ altra. Finalmente sulla proposizione dei Capi si passava alla sentenza a pluralità di voti, o di assoluzione, o di condanna. Tornato il reo alla carcere, era condotto al ponte detto perciò dei Sospiri, e là dall’ Avogadore, che avea istrutto il processo, venivagli intimata la sentenza. Se questa era di morte, dovevasi eseguire dopo tre giorni, nel qual tempo trasportato dalle carceri in un oratorio detto chiesiuola, vi riceveva tutt’ i soccorsi spirituali, e conseguiva comodi e cibi a suo piacere a pubbliche spese fino al momento dell’ esecuzione, che si effettuava per laccio o per mannaja sulla Piazzetta fra le due colonne, preferendosi la decapitazione per gl’ insigniti di qualche grado di nobiltà, pei cittadini veneti, pei laureati, gli ecclesiastici e le donne, seppellendosi poi tutti in cimitero