290 umile, ma valente marinaio, ed eccitava al compimento del Codice di marina decretato fino dal 1774, e che si pubblicò infatti nel 1786. Incaricato fino dal 1758 in età di non ancor trent’ anni, d’ una spedizione in Portogallo per ravviare il commercio con quel regno, sapeva avere molti avversarii che ogni sforzo mettevano nell’ impedire la sua partenza, ond’ egli a prevenire il successo dei loro maneggi, s’ affrettò a scioglier le vele da Corfù, navigò il Mediterraneo, passò lo Stretto, ma sorpreso nel-1’ Oceano da fiera burrasca, fu merito soltanto del suo coraggio, della sua destrezza e perizia che il legno già pericolante e dal pilota abbandonato, non perisse. Già disperava ognuno della propria salvezza, niun porto, niuna spiaggia, il mare grosso ed infuriato. Ma non si smarriva Angelo Emo. « Dopo aver inanimato, scriveva (1), gli uffiziali delle milizie, che erano stati turbati dai paurosi discorsi che udivano, e prese le precauzioni, senza che se ne accorgessero, per tenere il resto della gente in freno anche con la forza se fosse duopo, introducendomi colla possibile desterità e senza affettazione nei corridoi de’ soldati e marinai, venni a capo or con ragioni, or con lodi, ora con rimproveri, se non di togliere, almeno di temperare assai la loro agitazione, e passammo la notte con quella tranquillità che ci permise la cura che dovevamo alle nostre gomene in una costa non ben conosciuta. Con tutt’ i segnali possibili io significavo intanto a quei di terra il bisogno del loro soccorso. Ma invano ; da nessun lato ci era possibile di prender terra e il mare rompeva furioso a tutt’ i liti. » In quell’estremo frangente, altra sciagura sopravenne a porre il colmo alla disperazione. Ai grandi urti, spezzatisi i cassoni dell’acqua pei biso- (1) Disp. 27 febb. 1768/9 da Lisbona,