Opera secolare 457 cini; inquadrare decine di migliaia d’uomini, fare di tutto un complesso organico, ordinato ed efficiente, fu la grandiosa impresa che il vecchio ammiraglio condusse avanti in pochi anni con prodiga fatica in faccia a quel mare cui aveva dedicata tutta la vita. Se il duca De Ferrari era stato benemerito per il danaro offerto alla restaurazione del porto nel secolo precedente, più benemerito ancora fu Cagni con la prestazione delle sue ultime energie valorizzate dalla grande autorità della persona e dalla fiducia di Mussolini. Egli continuò il potenziamento del porto già concepito ma appena iniziato dal conte di Cavour, con larghezza di vedute che solo menti ristrette possono disapprovare, con iniziativa autonoma, ed in perfetta immunità di vincoli di interessi. Fra le parti contrastanti procurò di risolvere le questioni secondo equità anticipando pratica-mente il criterio corporativo della collaborazione in vista del superiore vantaggio comune. Senza dubbio il suo nome resterà primo nel novero di tutti i Consoli del mare che ebbero cura del porto di Genova attraverso i secoli. Alla vigilia di lasciare il Consorzio, accennando al modesto alloggio che si preparava per il prossimo ritiro, pregustava la quiete di quest’ultimo rifugio, « perché mi sembra di aver lavorato abbastanza nella mia vita ed anche rudemente. E mi sembra che nessuno possa rimproverarmi di prendere riposo ». Con scrupolo e precisione militari, il giorno stesso in cui cedette la carica volle lasciare l’appartamento in palazzo Reale. Ma anche se ridotto a vita privata, non potè né volle restare inattivo ed accettò alcuni incarichi. Sentiva con soddisfazione, diminuita soltanto dal declino delle energie fisiche, svolgersi intorno sempre più intensa e possente la vita italiana e si compiacque di eventi eccezionali come il Patto del Laterano che conciliava alfine due autorità dominanti nell’animo suo: lo Stato e la Chiesa. Partecipò con fervore all’Assemblea Quinquennale del Regime ed al plebiscito. Ma ormai ripiegato nelPintimità della famiglia non partecipò che di rado ai lavori del Senato e, quasi in soliloquio, ragionava: « È vero che sono un poco vecchio — come dice Umberta — ma penso di potere ancora lavorare un paio d’anni onestamente ». Si, onesta-