278 LIBRO XXVII, CAPO XXXIII. valsero a suscitare di bel nuovo il progetto di formare tra di essi una lega a danno della repubblica. In frattanto era avvenuto il caso, che una falsa voce avesse fatto credere defunto il vescovo di Faenza : sull’ appoggio della quale notizia il senato si radunò, per eleggere il successore, volendo qui pure incominciare a valersi del diritto, che esercitava in tutte le altre città appartenenti alla repubblica nostra. Quindici ne furono i proposti, e vi rimase eletto Bernardino Marcello. Ma l’elezione cadde da sé, perchè il vescovo viveva tuttora. Il Sanudo ne’ suoi Diarii (1) ce ne conservò memoria e trascrisse eziandio i nomi di ognuno dei proposti, e le relative ballottazioni. Ciò si faceva per convalidare e rassodare sempre più il diritto di padronanza : non so poi se il pontefice, nell’attualità delle controversie, avrebbe fatto buona la nomina del senato. Ma ritorniamo al racconto del contrasto gravissimo. Il senato, dacché aveva potuto persuadere a suo favore quei principi, aveva mandato al papa Giulio II una solenne ambasciata straordinaria, composta di otto nobili: Domenico Trevisan, Bernardo Bembo, Paolo Pisani, Andrea Gritti, Gerolamo Donalo, Leonardo Mocenigo, Nicolò Foscarini, Andrea Venier, sotto apparenza di complimentare il nuovo pontefice nella circostanza della sua esaltazione, giacché non per anco era stato compiuto cotesto uffizio consueto ; ma in realtà per trattare destramente con lui sull’ affare di Rimini e di Faenza. Giulio II aveva accolto questa ambasciata con le solite formalità e distinzioni, ma (0 Tom. VI, p»g. 3cj.