532 LIBRO XXVIII, CAPO LXX. Seppe quindi trovare il modo d’ insinuare nell’ animo dei senatori il progetto di far decidere da un giudice arbitro la questione sui diritti, che l’imperatore pretendeva contro la repubblica. Nè il progetto dispiacque : supponevasi già, che il papa stesso ne volesse essere 1’ arbitro; nè il senato esitò a sceglierlo, acciocché, in contraccambio di questa fiducia dei veneziani nella sentenza di lui, egli s’impegnasse a zelo sincero per i loro interessi. In questa questione.il punto più difficile era circa il possesso di Verona, nè si vedeva altro mezzo a superare cotesto ostacolo, tranne il darne all’ imperatore un compenso in danaro, a titolo di risarcimento per le spese della guerra e di ogni altro diritto, eh’ egli avesse potuto avere su quella città c sulla provincia. Era poi da stabilirne la somma e il tempo e il modo del pagamento. Sulla base di queste conghietture, il senato spedì al pontefice un compromesso : ma Leone X non si contentò di essere giudice arbitro con limitati poteri ; volle averne assoluti, cosicché gli fosse lecito di proporre condizioni a suo piacere. Promise per altro di non decidere cosa alcuna, senz’ averne prima dato avviso all' ambasciatore veneziano e senz’averne ottenuto l'assenso del senato; promise di fare il possibile per conservare alla repubblica non Verona soltanto, ma tutto ciò inoltre, che le apparteneva avanti la guerra. Rassicurato da queste promissioni, il senato non esitò più a concedergli l’ampio ed assoluto potere, ch’egli desiderava. Incominciarono quindi le conferenze sull’argomento; ned erano così lievi le difficoltà come il papa aveva supposto. L’ imperatore, ch’era al possesso di Verona,esigeva per prima condizione, che questa città, con tutte le sue appartenenze, restasse a lui. I veneziani riducevansi a rimanere contenti diValleggio e di Legnago, nel veronese, perchè fossero loro di comunicazione cogli stati, che possedevano di là dell’Adige. Ma il ministro imperiale si ostinò a negar loro le due indicate piazze, ed invece proponeva una permuta tra Crema e Vicenza. Al che non potevano i veneziani acconsentire, essendo Crema una città assai forte e quasi inespugnabile,