530 I.1BRO XXVIII, CAPO LXX. d'uopo impegnarsi in un assedio lungo e faticoso, ne lasciò il progetto c ricondusse a Padova le sue genti vittoriose. E poiché il viceré da Cardona, quasi per rifarsi dei danni, che soffrivano nel Friuli le genti dell’ imperatore, tentava di molestare i possedimenti veneziani dalla parte delle lagune di Chioggia, qui pure ebbero a sostenere nuovi danni i confederati. Egli infatti s’era inoltrato sino a Capo d’argine: ma Andrea iìondumiero, rettore di Chioggia, gli fece fronte coi pochi soldati, che aveva, e lo costrinse a ritirarsi : anzi a continuare la sua ritirata sino a Verona. E nel medesimo tempo, il d’Alviano, scorgendo mal presidiato dagli spagnuoli il Polesine, corse con la sua solita prestezza sino a Rovigo, lo prese di assalto, e sparse in quelle soldatesche sì grande spavento, che gli e ne lasciarono libera e sgombera tutta la provincia, e persino l’importante fortezza di Legnago. CAPO LXX. Il pontefice si maneggia coi veneziani per la pace. La continuazione di questa guerra per verità riduceva a mal partito quanti vi avevano preso parte ed insensibilmente li distruggeva e nelle forze fisiche e nelle morali. Si spopolavano i paesi, si estenuavano gli erarii pubblici. Era dunque tempo, che alcuno s’intromettesse per trattare di pace: e vi s’intromise il pontefice Leone X. Mandò quindi a Venezia i suoi nunzii, per far riflettere ai veneziani tutta la gravezza dei danni, che derivavano all’ Italia e all’Europa tutta dalla loro ostinazione di non volersi riconciliare coll’imperatore Massimiliano. Poneva loro soli’ occhio, che. indeboliti sì gravemente gli stati, non sarebbe stato difficile al sultano Selim, i cui disegni ambizioni sopra 1’ Europa non erano ambigui, il porre a soqquadro e a desolazione tulle le potenze cristiane; che le recenti disgrazie della Francia non potevano dar più a loro veruna lusinga di vantaggi o di assistenza dalla confederazione