120 LIBRO XXV, CAPO XXXV. le truppe, sorse nuova occasione, benché passaggera, di disgusto col pontefice. Ed eccone la cagione. Era vacante il vescovato di Padova, ed il senato, valendosi del suo diritto di nomina, vi aveva eletto Pietro Barozzi vescovo di Belluno. Contemporaneamente in Roma il cardinale Micheli vescovo di Verona aveva chiesto al papa la traslazione sua da questa alla sede di Padova ; ed il papa gli e 1’ aveva concessa. Giunte a Roma le lettere del senato, che nomr navano il Barozzi, Innocenzo Vili ricusò di darne l’approvazione. D’ altronde il senato ricusò di darne il possesso al cardinale Micheli. Non si voleva cedere nè dall’una parte né dall’altra. 11 papa spedì a Venezia un suo incaricato, per indurre il senato a cangiar consiglio : ma indarno. Il senato anzi fece intimare al cardinale Micheli, che rinunciasse alla sua pretensione sul vescovato di Padova; e poiché il Micheli non volle ubbidire, il senato gli fece sequestrare le rendite del vescovato. Allora ubbidì e rinunziò alla nomina avuta. E cedette similmente anche il papa e spedì le bolle in favore del Barozzi eletto dal senato. Non appena fu accomodata questa differenza, che una seconda ne insorse. Innocenzo Vili, stretto vivamente dalle armi del re Ferdinando, e bisognoso dì mezzi per assoldare truppe a difendersi, diede ordine al nunzio apostolico residente in Venezia d’imporre una decima sul clero veneziano, onde raccogliere dinaro. Eseguì subito il nunzio 1’ ordine pontificio, senza chieder l’assenso del senato od almeno farnelo consapevole : e su questo argomento fece pubblicare un decreto nella chiesa patriarcale ; calcolò su ciascuna classe di ecclesiastici la quota relativa ; ne propose i raccoglitori; e minacciò di scomunica tutti gli ecclesiastici, che si fossero rifiutati dall’ obbedire. Quest’ ordine del nunzio comparve dinanzi agli occhi del senato come una violazione dei propri diritti di sovranità; e quindi con un decreto del consiglio dei Dieci fu intimala a tutto il clero severissima proibizione di ubbidire agli ordini del ministro della corte di Roma. Innocenzo, avvisato del-l’avvenuto,s’avvide dello sbaglio commesso dal suo rappresentante;