ANNO 1510. 115 » alla guardia nostra, siamo stati miserabilmenle spogliali di tutte » le facoltà. E chi non sa quel che di fuora per la guerra continua » abbiamo palilo ? E che ci rimane più in questo misero paese » che sia salvo? Arse tulle le case delle nostre possessioni, tagliali » lutti gli alberi, perduti gli animali, non condotte al debilo fine • già di due anni le ricolte, impedite in gran parte le sementi, sen-» za entrate e senza frutti, senza speranza che mai più possa ri-» sorgere questo distruttissimo paese, siamo ridotti in tante angu-» stie, in tanta miseria, che avendo consumato, per sostenere la » vita nostra, per resistere a infinite spese che per necessità ab- • biamo fatte, tutto quello che occultamente ci avanzava, non » sappiamo più come in futuro possiamo pascere noi medesimi e » le famiglie nostre. Venga qualunque più inimico animo e più • crudele, ma che in altri tempi abbia veduto la patria nostra, a » vederla al presente; siamo certi non polrà contenere le lagrime » considerando che quella città, che, benché piccola di circuito, » soleva esser pienissima di popolo, superbissima di pompe, illu-» stre per tante magnifiche e ricche case, ricetto continuo di lutti » i forestieri ; quella citlà, dove non si attendeva ad altro che a » conviti, a giostre e a piaceri, sia ora quasi desolata di abitatori; le » donne e gli uomini vestiti vilissimamenle, non vi essere più » aperta casa alcuna, non vi essere più alcuno che possa promet-» tersi di aver modo di sostentare sé e la famiglia sua pure per un » mese; e in cambio di magnificenza, di feste e di piaceri, non si » vedere e sentire altro che miserie, lamentazioni pubbliche di » tutti gli uomini, pianti e urla miserabili per tutte le strade e di » tutte le donne, le quali sarebbero ancora maggiori, se non ci » ricordassimo, che dalla volontà tua, gloriosissimo principe di » Anault, dipende o 1’ ultima desolazione di quella afflittissima no- • sira patria, o la speranza di poter sotto 1’ ombra di Cesare, sotto » il governo della sapienza e clemenza tua, non diciamo respirare » o risorgere, poiché questo è impossibile, ma, consumando la » vita per ogni estremità , fuggire almeno 1’ ultimo eccidio.