d 8 LIBRO XXVI, CAPO XI. Ermolao Barbaro non ubbidì, ed il decreto ottenne il suo effetto. Rimasero le cose in questo slato per altri dieci mesi, all’ incirca ; senza che nessuno volesse cedere. Finalmente, il dì 25 luglio del seguente anno 1Ì92, il pontefice Innocenzo Vili morì; ed in sua vece salì sulla cattedra di san Pietro, a’ 10 del successivo agosto, il famoso cardinale spagnuolo Roderico Borgia, nipote di Calislo III, il quale assunse il nome di Alessandro VI. Intanto era morto in Roma anche il Barbaro; cosicché rimase appianata ogni difficoltà. Il nuovo pontefice, di ben altre cose occupato, non volle tener dietro a siffatti contrasti colla repubblica di Venezia, e quindi, lostocbè il senato gli fece domandare le bolle pel vescovo di Almissa, proposto al patriarcato di Aquileja, non esitò punto a concedergliele. Così questo affare, dopo un contrasto di un anno e mezzo, ebbe fine, e Lodovico Donà ottenne pacificamente la vacante sede aquilejese. CAPO XI. Gabriele Bono e Francesco Falier, promotori di novità, sono relegali in Cipro. La vigilanza, con cui cercava la repubblica di conservare inviolate le proprie leggi, e la difficoltà che avevasi ad introdurre negli affari del governo consuetudini nuove, era stala sempre un argine contro le capricciose e strane proposizioni, che avessero potuto essere introdotte da cittadini ambiziosi e poco affezionati alla patria. Ma quanto era sollecita su di ciò 1’ attenzione del governo, acciocché tutte le operazioni delle magistrature tendessero al comun bene; altrettanto s’industriavano alcuni a procurarsi per vie indirette favori e protezioni nel corpo della nobiltà, per poter poscia appianarsi con tali mezzi la via al conseguimento di cariche e di onori.