anno 1513. 505 sorte della repubblica. Ma il senato, che non aveva per anco avuto nessun avviso sicuro dell’ arrivo dei francesi, non volle che le sue truppe s’inoltrassero di troppo, per non lasciare in frattanto senza presidio le frontiere dello stato e quindi esposte al pericolo di qualche non preveduta invasione dei nemici. Gli comandò pertanto di non allontanarsi dalle rive del Po e dell’Adige : gli permise di fare tra quei due fiumi tutte le mosse, ch’egli avesse riputato vantaggiose; ma gli proibi di passarli. Ricevuti questi ordini, egli marciò con tutto 1’ esercito sopra Verona, ove Pandolfo Malatesta, già capitano della repubblica ed ora al servizio dei nemici, aveva concertato, con alcuni veronesi ben affetti ai veneziani, di aprirgli la porla di san Giorgio : ma l’intelligenza riuscì vana, perchè i generali tedeschi se n’erano accorti e furono perciò in tempo d’impedirla. Allora il d’Alviano, vedendo, che troppo tempo esigevasi per 1’ assedio di quella città si diresse altrove. Sorprese Valeggio e Peschiera : vi pose in ambi i luoghi opportuna guarnigione, e proseguì la sua marcia verso a Cremona. Al suo arrivo, i cremonesi, che stavano tra le file nemiche, disertarono ed aprirono le porte della città ai veneziani. Questi vi entrarono e vi fecero prigionieri mille fanti spagnuoli e duecento uomini d’arme. La piazza allora, tuttoché a malincuore degli abitanti, che avrebbero preferito di restare sudditi della repubblica, fu consegnata a Teodoro Triulzio, il quale dal re era stato incaricalo a pigliarne il possesso. Nel medesimo tempo, che le genti della repubblica facevano queste mosse nella Lombardia, 1’ armata francese occupava Asti ed Alessandria. I pochi svizzeri, che vi si trovavano a presidio, non osando fare alcuna resistenza, perciocché non erasi per anco radunato il loro esercito, ripassarono il Po e riliraronsi in Novara ad aspettare un qualche soccorso. Gli spagnuoli, eh’ erano accampali sulla Trebbia, tenevano per inconcludenti e di nessun rilievo coteste conquiste : ma intanto le terre del milanese ritornarono di mano in mano sotlo il dominio francese. Milano stessa fu costretta