156 MIMO XXVI, CAPO XIV. entrare nella lega, assoggetlandosi per altro a tulle le condizioni del trattato. Ognuno dei confederali doveva nominare e manifestare, entro il periodo di due mesi al più tardi, i suoi aderenti, amici, e protetti. In caso di guerra, i confederati promettevano di non far pace in particolare, senza l’adesione e 1’ assenso di tutti. Se taluno degli aderenti movesse guerra ad uno dei confederati, tulli gli altri si dovevano unire a difesa di lui, ricusando all’aggressore passaggio od asilo sulle proprie terre, e negandogli qualunque sorta di ajuto. I veneziani, lo sialo di Milano e il pontefice si obbligavano finalmente a pagare in uguali porzioni Io stipendio del signore di Rimini eletlo a comandante supremo delle truppe della Chiesa. CAPO XIV. Conseguenza di questa lega. Quanto era stato secreto il maneggio di questo affare, altrettanto ne fu di stupore in tutta 1’ Italia la manifestazione. Si conobbe da tutti, che nella confederazione di tre principali così potenti rimanesse distrullo ogni equilibrio. Più di tulli ne rimase turbalo il re Ferdinando: e tanto Io fu, che radunò subilo il suo consiglio di slato e propose alla deliberazione de’ suoi ministri l’esaminare se fosse opportuno progetto il rompere sino dal suo nascere co-testa lega, attaccando il papa ne’ suoi domimi e costringendone i confederati ad intraprendere per esso una guerra. Questo progetto era stato inspirato nell’ animo di Ferdinando dal suo figliuolo Alfonso, duca di Calabria, sempre portato alle proposizioni violenti : ma quando il re vi pose più tranquilla considerazione, si accorse, doverne temere le conseguenze; tra le quali sarebbe stala la prima il rinnovamento del malcontento nel suo regno, ove sapeva di avere nemici i primarii signori e baroni. Laonde miglior consiglio fu riputalo il dare al papa, almeno in apparenza, una soddisfazione sul proposito dei castelli venduti a Virginio Orsini., e di tenerlo a