anno 1300—1503. 235 CAPO XXII. Pace della repubblica col sultano. Le copiose perdite, che avevano sofferto i turchi nei loro eserciti, nel tratto di tre anni di questa guerra, costrinsero il sultano Bajazet a dar luogo nel suo animo a sentimenti ed a progetti di pace. Perciò fece scrivere lettere al senato di Venezia per mano del suo primo visir Acmet, le quali furono spedite col mezzo di Andrea Gritti, già riscattalo dalla sua prigionia. In esse manifestava, che se fosse spedito dalla repubblica un ambasciatore a Costantinopoli, non sarebbe difficile il ricomporre le cose e ristabilire tra le due nazioni 1’ antica amicizia. Il senato non riputò conveniente l’inasprire vieppiù la ferocia di quei barbari, e risolse quindi di mandare un ambasciatore a trattare di pace. Destinò a tale uffizio Zaccaria Fresco, segretario del Consiglio dei Dieci ; e nel medesimo tempo diede avviso al re di Ungheria delle istanze dei turchi. Dopo non molto, ritornò a Venezia 1’ ambasciatore Fresco, in compagnia di un ambasciatore di Bajazet, e furono stipulati i patti di questa pace. Convennero, che i veneziani si terrebbero 1’ isola di Cefalonia, e restituirebbero quella di Santa-Maura ; che tutte le altre conquiste sarebbero scambievolmente restituite; che da una parte e da!T altra cesserebbe qualunque ostilità; e che le navi veneziane potrebbero, come prima, esercitare con sicurezza il loro commercio nel mar Nero e in tutti gli altri mari del Levante. Sottoscritto, nel 1503 il contratto di questi patti, parti coll’inviato turco anche Andrea Gritti a ripigliare in Costantinopoli le sue funzioni di ambasciatore presso a quella corte. Nella pace fu compreso altresì Ladislao, che aveva avuto sì vantaggiosamente tanta parte nella guerra. Parve, che la pace conchiusa mostrasse cessato il bisogno di