S02 LIBRO XXVIII, CAPO LVI. alfine quello di distogliere i veneziani dall’ alleanza francese. Perciò propose loro di collegarsi seco e col duca di Milano, facendo loro sperare un valido soccorso dai fiorentini e dagli svizzeri, cosicché tutti assieme avrebbero potuto facilmente far fronte agl’ invasori dell’ Italia. Ma il senato non volle violare la fede di un recente trattato, nè sacrificare ad una speranza incerta i vantaggi certi della sua unione col re Luigi. Bensì invece partecipò il trattalo al re d’Inghilterra, perciocché lui solo erasi mostrato sino allora, se non più altaccato, certamente meno avverso degli altri agl’ interessi della repubblica veneziana. CAPO LVI. I francesi entrano in Italia: mosse dei veneziani. L’esercilo del re, comandato da Luigi della Tramoglia, il quale aveva sotto i suoi ordini il maresciallo Triulzio, passava i monti ; Bartolomeo d’Alviano, che dopo la battaglia di Vaila era sempre rimasto prigioniero in Francia, ritornava intanto a Venezia, per assumere il governo delle forze militari della repubblica. L’ armala francese arrivò a Susa. Quella dei veneziani, composta di ottomila fanti, dugento uomini d’ arme e cinquecento cavalleggieri stava radunala sulle rive dell’ Adige : era munita di bella e copiosa artiglieria : n’ erano provveditori Domenico Contariui ed Andrea Loredan : al comandante generale era stato imposto, a carico del suo salario di dugencinquanta mille ducali, 1’ obbligo di accrescerle di trecento uomini d’ arme e di un corpo di cinquecento balestrieri. Tostochè il d’ Alviano si portò al campo ed ebbe fatta la rivista delle truppe affidategli, scrisse al senato, sembrargli opportuno l’approfittare della lontananza dei confederati nemici per penetrare nel milanese e l’unirsi, quanto più presto fosse stalo possibile, coll’esercito francese, perchè dai loro progressi dipenderebbe la