256 LIBRO XXVII, CAPO XXVIII. CAPO XXVIII. Disgusti del papa Giulio II colla repubblica di Venezia. Il nuovo pontefice, uomo di natura difficile, inquieto e formidabile a tuUi, ma eh’ era in opinione di acerrimo difensore del-1’ autorità ed immunità ecclesiastica, e che per elevatezza d’animo e per magnificenza nel trattamento s’ er.a distinto sopra qualunque altro del sacro collegio ; era stato amicissimo dei veneziani men-tr’era cardinale; anzi, appena fallo papa, manifestava egli stesso la sua riconoscenza verso la repubblica, per le premure di lei in cooperare al suo esaltamento, e prometteva alTambasciatore veneziano Antonio Giustiniani, che avrebbe dato a lutto il mondo luminose prove di amicizia verso una repubblica, in cui consisteva il decoro dell’ Italia e la più stabile sicurezza del cristianesimo. Ma dappoiché incominciò a gustare il papato ; sia che si lasciasse abbagliare dallo splendore di quella dignità, oppure si lasciasse trasportare dall’ indole sua irrequieta; diede facile accesso alle insidiose suggestioni dei fiorentini a danno della repubblica di Venezia, i quali gli ponevano solt’ occhio : — « che la maggior parte della Romagna era caduta di già in potere dei veneziani, per la possanza dei quali era in evidente pericolo lo stalo della Chiesa egualmente che la Toscana, essendo eglino arrivati a 'tanla grandezza da non lemer punto T unione di tutti i principi dell’Italia: — bramarsi la loro amicizia dagli stranieri, perciocché si reputano sicuri dei loro acquisti novelli per la buona intelligenza con essi; — che sarebbe merito del capo della Chiesa porre argine ad una potenza, dalle cui mani non usciva un palmo di terra acquistato una volla, e che sarebbero riuscite vane le querele, quando i veneziani si fossero impossessati di tutti gli stati dell’Italia. » — Appena giunsero a notizia dell’ ambasciatore veneziano queste maligne insinuazioni dei fiorentini, si recò ad udienza secreta e