anno 1499. 207 fuggivano con orrendo terrore. Non v’ era bisogno di assediare le piazze, le città : esse da per sè medesime sollevavansi per darsi ai vincitori. Indicibile poi era lo spavento dei cittadini di Milano, i quali di già proponevano di aprire le porte e darsi ai francesi. Lodovico, perduta ormai ogni speranza di conservare la sua sovranità, fece entrare nel castello di Milano una grossa guarnigione, affidandone il comando ad uno de’ suoi migliori officiali, che nominavasi Bernardino da Corte, e raccolti insieme i suoi migliori tesori, andò colla sua famiglia a cercarsi asilo nella città d’Inspruch. CAPO XI. I francesi entrano in Milano. Appena i generali francesi ebbero notizia della fuga di Lodovico Sforza, diressero la loro marcia verso la città di Milano. I cittadini mandarono subito incontro a loro una deputazione, per darsi alla loro ubbidienza ; a condizione, che fossero immuni dal saccheggio. Ed a questa condizione i francesi ne accettarono la resa. Rimaneva il castello, il quale similmente, per la viltà del comandante, si rese, senza neppure incominciare a combattere. Di cotanta viltà ebbero nausea gli stessi vincitori, che non si astennero dal rinfacciargliela con disprezzo. Tanta poi fu la vergogna, che n’ebbe, che non molto dopo morì. Luigi XII entrò pomposamente in Milano il dì 6 ottobre. Ricevette gli omaggi dei nuovi suoi sudditi, segnalando la sua generosità con beneficenze verso di loro, e colla diminuzione delle gabelle e dei tributi. Anche i veneziani concorsero a formar più pomposo 1’ ingresso del nuovo padrone di Milano, mandandogli quattro ambasciatori straordiuarii, Benedetto Trevisan, Marco Zorzi, Nicolò Micheli e Benedetto Giustinian, i quali gli presentarono le più sincere congratulazioni in nome della repubblica.