232 IL MINISTRO DEGLI ESTERI pressione sull’abitudine dei montenegrini di por- tare sempre le armi. Dopo qualche giorno ci si abitua: ma la prima volta quel vedersi aprir la porta da un usciere con tanto di revolver alla cintola e il vedere che anche dalla cintura del ministro, come da quella del suo segretario, esce l’impugnatura del revolver, fa un certo effetto — anche quando un ministro elegante, così corretto e compito nei modi come il Vucovich—ha sosti- tuito al vecchio pistolone un revolver di mode- ste proporzioni e con l’impugnatura elegante in avorio. Il ministro degli esteri non « natu- ralmente che il segretario del Principe, il quale, so- prattutto nella politica estera, fa da sè. Tanto vero che, oltre al cifrario di Stato, egli ne ha uno tutto personale con lo Czar e un altro col re di Serbia. E sa trattare la politica internazionale così bene, e con tanta finezza — tutta l’Europa diplomatica è rimasta meravigliata del modo con cui condusse la campagna diplomatica per la questione di Dulcigno, dopo la guerra — che, ne sono persuaso, non verrebbe in mente a nes- suno, anche se vi fosse un corpo qualunque che potesse giudicare l’opera sua, di contestargli quelle cure dello Stato. In tale condizione di cose, il ministro degli esteri non è in fondo che un esecutore degli ordini del Principe. Ma anche nell’eseguire, nell’interpretare gli