Hit LIBRO XXVI, CAPO X. Appena partito il corriere, giunse al doge la lettera del Barbaro, e la fama della sua promozione corse ben presto di bocca in bocca, e tutta la città ne fu consapevole. Quindi ogni classe di persone si affrettò a complimentare Zaccaria Barbaro, padre dell’ambasciatore. L’ affare diventava della massima rilevanza, avuto riguardo e alle leggi rigorosissime, che vietavano a chicchessia di accettare qual si fosse dignità da sovrani stranieri, e al diritto di nomina, che la repubblica aveva esercitato per tanti secoli alle prelature de’suoi dominii. Perciò il Consiglio de’ Dieci radunossi per tre giorni consecutivi, onde consultare e deliberare in proposito. Comandò pertanto da prima a Zaccaria Barbaro di astenersi dal ricevere congratulazioni da chiunque osasse di fargliene su tale argomento ; perciocché il figlio suo Ermolao aveva disobbedito alla legge, la quale proibisce agli ambasciatori della repubblica 1’ accettare, senza espressa licenza del senato, beneficenze e favori dai principi presso ai quali risiedono. Poscia mandò al Barbaro un assoluto comando di rinunziare alla nomina del papa e di cedere il patriarcato a chi era stato eletto dal senato. Quasi contemporaneamente a queste deliberazioni, e precisa-mente il dì 11 dello stesso mese, il doge ricevè da Roma una lettera pontificia, colla quale Innocenzo VIII gli dava notizia della scelta fatta nella persona dell’ ambasciatore Ermolao Barbaro. « Non dubitiamo, gli diceva, che la nobiltà vostra non abbia sa-» puto la morte di Marco Barbo, cardinale del titolo di san » Marca, eh’è stata per noi motivo di vivo dolore, e di grave » perdila per la sede apostolica. Siamo d’avviso, che questa morte » abbia del pari afflitto sensibilmente la nobiltà vostra e tutta la » repubblica, a cui questo degno prelato faceva sì grande onore. » Egli merita, in verità, benché lo riputiamo già in cielo, che delle » nostre lagrime se ne bagni la tomba. Egli possedeva la chiesa » di Aquileja; e noi, per dovere del nostro pastorale uffizio, pen-» sando a dargli un successore, che potesse degnamente occupare » una sede così ragguardevole e che meritasse d’ essere aggradito