234 LIBRO XXVII, CAPO XXI. traffico dei turchi, i quali recandovi grande quantità di grani e dì sale, ne ritraevano in cambio molta copia di mele, di cera e di pece. La guerra intanto procedeva così, potrebbe dirsi nell5 incertezza, nè mai venivasi ad un colpo risoluto e decisivo. Correva di già il terzo anno di questa guerra, quando il senato pensò ad assicurare la difesa dei proprii domimi colle forze naturali della repubblica, conoscendo per esperienza, che le squadre dei principi alleali valevano più ad accrescere il decoro, che il nerbo dell’armata. I francesi infatti erano passati nel Levante più per ostentare la grandezza della loro corona, di quello che con volontà d’ impegnarsi positivamente in imprese. I portoghesi, i quali per ordine del re erano finalmente venuti con ventinove navi in soccorso della l’epubblica, ricusavano apertamente dì accingersi a qualunque assedio, affermando, che non avevano avuto dal loro re altri ordini, se non di combattere le armate dei turchi. Da questi principii fu bensì dissimile il re di Ungheria, il quale, risoluto di fermamente mantenere i patti concertali colla repubblica, entrò con forte esercito nei domimi ottomani, rompendo e sbaragliando grossi corpi di barbari oltre il Danubio, imprigionando due pascià, facendo orribile macello dei turchi. Bajazet fu costretto perciò ad accorrere colle sue truppe di riserva, onde far fronte alla devastatrice irruzione di quel torrente guerriero. Con altrettanto di prestezza e di vigoria operava intanto Benedetto da Pesaro colla flotta, scorrendo e depredando il territorio ottomano nei dintorni di Crisopoli, predando più navi turche nelle acque di Salonicchio, ed espugnando l’isola di santa Maura, la quale, difesa ostinatamente da cinquecento turchi, mentre ridotta alla disperazione disponevasi alla resa, fu dalle milizie veneziane assalila impetuosamente, e presa, e saccheggiata. Ciò avveniva il dì 30 agosto 1502.